Indagine da manuale per incastrare la banda che ha rubato nella villa degli Agnelli. Mentre in Italia 97 furti su 100 restano impuniti

Ogni cento furti in appartamento, 97 rimangono senza alcun colpevole, due vengono risolti dopo molto tempo e uno finisce con l’arresto di tutti i ladri nel giro di tre mesi massimo. L’ultimo è quello che avviene in casa Agnelli. Da ieri andranno aggiornate così le statistiche Istat. I carabinieri del comando provinciale di Torino hanno messo le manette ai polsi di tre kosovari, ritenuti responsabili del colpo andata in scena la sera di Pasqua a La Mandria nella villa di Allegra Agnelli, vedova di Umberto e madre del presidente della Juventus, Andrea. Una vera impresa, quella di fine marzo, perchè il comrpensorio alle porte di Torino, dove c’è anche un famoso campo da golf, è blindatissimo e la villa degli Agnelli ha fior di sistemi di sicurezza. Ma quella sera neppure i cani abbaiorono, raccontano i vicini.

LA SVOLTA – Insomma, un piccolo capolavoro del crimine, si disse, con un bottino ricco, ma composto da gioielli, orologi e denaro trovati in giro per casa, senza che siano invece state toccate cassaforti. Segno di un’azione ben organizzata, ma con poco tempo a disposizione. E le prime indagini appurarono solo che per l’accesso era stata usata la porta della cucina che dà sul giardino. In capo a due mesi e mezzo, però, la Procura di Ivrea ha risolto il caso. E ieri sono stati arrestati Sedat Kurda, 50 anni, residente a Milano, Femi Makolli, 48 anni, domiciliato a Milano, e Flijorim Redzepi, 41 anni, di Cinisello Balsamo. Tutti in Italia da vent’anni e tutti pregiudicati. Le indagini avevano subito portato a Desenzano sul Garda, dove ad aprile i carabinieri di Torino avevano fermato un cittadino kosovaro che aveva nella sua Bmw una quindicina di orologi rubati per un valore di circa 200 mila euro, nascosti tra il tettuccio e la fodera degli interni. Uno di quegli orologi era stato sottratto proprio a casa Agnelli. Individuato il probabile ricettatore, sono partiti pedinamenti e intercettazioni, e alla fine si è arrivati ai primi tre arresti, sempre sul Garda, dopo che si è ricostruita la responsabilità della banda in almeno 9 furti, per un bottino che sfiorerebbe i 10 milioni.

IL PASSO FALSO – Gli arrestati non usavano quasi mai il cellulare, specie in prossimità dei furti, ma per rimanere in contatto tra loro utilizzavano quasi solo esclusivamente delle radio ricetrasmittenti. Non solo, ma si spostavano in autostrada utilizzando le piste del Telepass, accodandosi ai guidatori che avevano il dispositivo funzionante. Ma i carabinieri avevano individuato alcune delle loro macchine e poi è stato decisivo un errore, quando uno dei kosovari ha telefonato con un apparecchio che si era agganciato a una cellula telefonica nella zona della Mandria proprio durante un colpo andato a segno. Certo, come si vede si è trattato di un’indagine in grande stile, con intercettazioni telefoniche e pedinamenti. Chissà se sarebbe andata così anche se a subire il furto fosse stato un qualunque signor Brambilla.