Irpinia 1980, la ricostruzione è infinita. Dopo 37 anni tutto in alto mare, tra lavori fermi e debiti coi privati. E l’Anac nemmeno risponde

Irpinia 1980, la ricostruzione è infinita. Dopo 37 anni dal terremoto ancora tutto in alto mare tra lavori fermi e debiti coi privati. E l'Anac non risponde

È passato quasi un anno dalla prima terribile scossa che ha devastato il centro Italia. Al di là di mille promesse, poco è stato fatto: la casette, rispetto alle reali esigenze della popolazione, latitano e i lavori stentato a ripartire con gravi danni per l’economia locale. D’altronde lo sappiamo bene: in tema di ricostruzione post-terremoto l’Italia non ha mai brillato. Ma c’è un esempio che, ahinoi, supera ogni più nera previsione. Scendiamo al Sud e precisamente in Irpinia. Era il 1980 quando un terribile terremoto distrusse letteralmente Campania e Basilicata causando quasi tremila morti. Ebbene, non tutti lo sanno ma ancora oggi in Italia, a distanza di ben 37 anni, esiste una struttura commissariale, che fa capo al ministero dello Sviluppo Economico, con l’esplicito compito di seguire e concludere i tanti lavori infrastrutturali cominciati e, alcuni dei quali, ancora non ultimati.

Il povero commissario – A far luce sullo stato dell’arte, l’ultima relazione presentata dal commissario Filippo D’Ambrosio al Parlamento e, per conoscenza, anche all’Anac di Raffaele Cantone. E perché mai anche all’Anac? Perché nelle pagine del report si alternano disperate grida d’aiuto, lo sconcerto dello stesso D’Ambrosio e piccoli aneddoti quasi grotteschi. Il tutto indice, però, di una situazione a dir poco inverosimile. Molti dei lavori, osserva ad esempio il commissario, sono rimasti bloccati a lungo perché per oltre sei mesi il Governo si è “dimenticato” di nominare un collaudatore statico, figura ovviamente essenziale per il rilascio delle autorizzazioni per la consegna delle opere infrastrutturali. E anche da questo è nata quella che D’Ambrosio definisce “confusione operativa”. Un eufemismo considerando che molti lavori si attendono da quasi 40 anni. Alcune concessionarie, ad esempio, hanno lamentato “ritardi nella misurazione e contabilizzazione dei lavori”, “ritardi e contraddittorietà in materia di autorizzazioni al subappalto”, “ritardi nel rilascio delle autorizzazioni sismiche per motivi diversi (a cominciare dalla vacatio proprio del collaudatore statico, ndr)”. Tutte responsabilità, a giudizio del concessionario, attribuibili all’inefficienza gestionale dello Stato. Interessante la risposta di D’Ambrosio che, “per il rispetto che si deve all’autonomia del D.L. (Datore di Lavoro, ergo: il Governo, ndr)”, preferisce non sollevare “alcuna considerazione in questa sede”, riservandosi però “di esprimersi una volta acquisite le relative relazioni”. Un modo come un altro per riconoscere evidentemente responsabilità su cui, però, è meglio tacere. Tanto che lo stesso D’Ambrosio sottolinea che “occorrerebbe ragionare ed assumere determinazioni tempestive e concrete”. Non è un caso che, scrive ancora il povero commissario, il rischio è che i concessionari chiedano pesanti risarcimenti visti i ritardi di Stato e Regioni. Per ora le ditte “pressano il sottoscritto per la relativa contrattualizzazione”, continua ancora D’Ambrosio, “anche con toni – aggiunge – a volte inadeguati”.

Un disastro – Una situazione, dunque, tragicomica a tratti che, però, ha ripercussioni concrete sulle regioni colpite dal terremoto quasi 40 anni fa. Che la situazione sia proceduta per anni a ritmi blandi, è data dal conto economico. Per il completamento di opere infrastrutturali già finanziate nell’81, sono stati stanziati 102 milioni tra Stato e Regioni coinvolte (Campania e Basilicata). Ad oggi però risultano effettivamente spesi solo 67 milioni. Ci sono, poi, i progetti di “completamento funzionale” di opere già realizzate: in questo caso il totale dei progetti costerebbe 430 milioni. Ad oggi, però, risultano spesi 20 milioni. Il 4%. Interessante, poi, che di tutto il monte che spetterebbe allo Stato (circa 200 milioni), sono stati finanziati solo 70 milioni, di cui effettivamente erogati 24,5 milioni. Inevitabile che, a questo punto, si sommino i ritardi. Per dire: i lavori sulla tratta stradale che dovrebbe collegare due paesini dell’avellinese, Frigento e Villamaina, sono “in grave ritardo”: su un progetto da quasi 63 milioni di euro, sono stati realizzati lavori per 18 milioni. E il tempo contrattuale dovrebbe arrivare a scadenza ad agosto, dopo già una prima proroga. Impossibile, ovviamente, rispettare i tempi anche a questo giro. Ci sono, poi, i lavori sulla strada a scorrimento veloce che dovrebbe fare da collegamento tra la A3 (Salerno-Reggio Calabria) e la A16 (Napoli-Bari). Un’opera mastodontica che rientra di diritto tra le principali incompiute d’Italia: dopo un primo stanziamento da 295 milioni di euro, ci si è accorti che per completare i lavori occorrono ulteriori 135 milioni. Curioso che solo per il primo stralcio del primo lotto (lavori cominciati nel 2013) si dica che “eventi non prevedibili stanno determinando ritardi nell’esecuzione dei lavori”. Quali siano tali eventi, non è dato sapere. Ed è ancora più curioso che si dica esattamente la stessa cosa anche per quanto riguarda il secondo stralcio sempre del primo lotto. Certo, altri lavori sono stati completati, ma con spaventosi ritardi nei pagamenti: tra pubblico e privato, gli importi richiesti al netto di anticipazioni, interessi e rivalutazione monetaria, sono pari a 7,4 milioni di euro.

Anac, dove sei? – Ma non è finita qui. Perché ciò che stupisce della relazione è anche la sensazione quasi di abbandono della struttura commissariale. Addirittura dimostrata anche dall’Anticorruzione di Raffaele Cantone. D’Ambrosio, infatti, su una storia riguardante eventuali incentivi di pagamento al personale (da cui sarebbe nato a detta dello stesso commissario, demotivazione diffusa), aveva interessato proprio l’Anac. Peccato, però, che l’Anticorruzione, “pur sollecitata per l’importanza del caso nell’economia dei lavori, non ha dato riscontro a mesi di distanza”. E allora come fare? Non resta che affidarsi alle poche conoscenze in possesso del commissario. Assurdo forse, ma reale. “La mancanza assoluta di un supporto giuridico – scrive il commissario – rende particolarmente gravoso il compito del sottoscritto che può basarsi solo sulla propria esperienza e sullo studio, senza però alcuna conferma nemmeno in prima approssimazione delle proprie convinzioni o interpretazioni”. Insomma, abbandono totale e interpretazioni alla carlona. Per un terremoto di quasi 40 anni fa.

Tw: @CarmineGazzanni