Istat, quanto sono aumentati i prezzi degli alimentari in quattro anni

In quattro anni - dal 2021 al 2025 - i prezzi degli alimentari hanno subito in Italia un'impennata di quasi il 25%. Lo rende noto l'Istat

Istat, quanto sono aumentati i prezzi degli alimentari in quattro anni

Mentre i salari restano al palo – quelli reali risultano inferiori di quasi 9 punti rispetto al 2021 – il carovita impenna e a farne le spese sono soprattutto le persone con i redditi più bassi. In quattro anni i prezzi degli alimentari hanno subito in Italia un’impennata di quasi il 25%, ben superiore al tasso di inflazione generale, spinti soprattutto tra il 2022 e il 2023 dallo “shock” sui listini dell’energia. A renderlo noto è l’Istat nella sua ultima nota sull’andamento dell’economia.

L’impennata dei prezzi dei beni alimentari

I beni alimentari rappresentano nel 2025 oltre un quinto del valore economico dei beni e servizi consumati dalle famiglie italiane. Il solo cibo rappresenta, in media, il 16,6% della spesa. Trattandosi di beni in prevalenza necessari, si caratterizzano per la rigidità della loro domanda rispetto ad aumenti di prezzo. Inoltre, gli incrementi dei listini hanno un impatto rilevante sul potere di acquisto delle famiglie, soprattutto quelle a più basso reddito in considerazione della maggiore quota dei beni alimentari rispetto al totale dei consumi.

Da ottobre 2021 a ottobre 2025, i beni alimentari hanno registrato aumenti di prezzo del 24,9%, un incremento superiore di quasi 8 punti percentuali rispetto a quanto evidenziato nello stesso periodo dall’indice generale dei prezzi al consumo armonizzato. Nel dettaglio, gli alimentari freschi (o non lavorati) sono aumentati più di quelli lavorati (+26,2% e +24,3% rispettivamente); il prezzo del cibo, a settembre è cresciuto del 26,8% rispetto ad ottobre 2021, con incrementi più ampi per i prodotti vegetali (+32,7%), latte, formaggi e uova (+28,1%) e pane e cereali (+25,5%).

Le cause del rincaro nello shock energetico

I prezzi degli alimentari iniziano a crescere nella seconda metà del 2021; subiscono un’impennata dall’inizio del 2022 fino alla metà del 2023, e continuano ad aumentare, seppure a tassi più moderati, anche nel periodo successivo. Le cause dell’eccezionale crescita dei prezzi dei prodotti alimentari in Italia sono individuabili in una combinazione di fattori, di natura soprattutto esterna, che hanno determinato forti aumenti soprattutto nei prezzi internazionali degli input produttivi del settore alimentare.

A partire da febbraio 2022, l’invasione dell’Ucraina e le conseguenti sanzioni internazionali nei confronti della Russia hanno determinato forti pressioni inflattive sui beni energetici; nello stesso periodo hanno continuato a crescere i prezzi delle materie prime alimentari.

In Italia aumenti record dei beni energetici rispetto al resto dell’Ue

In Italia, il prezzo al consumo dei beni energetici è aumentato da ottobre 2021 a novembre 2022 del 76%, in misura ben maggiore rispetto alla media dell’area euro (38,7%), dell’Ue27 (36,8%) e degli altri principali paesi europei: Germania (42,7), Francia (21,1%) e Spagna (2,9%). L’aumento del costo dell’energia ha avuto un impatto diretto e particolarmente significativo sul settore degli alimentari non lavorati, dove il peso degli input energetici sugli input totali (5,5%) è più del doppio rispetto alla media degli altri settori escluso quello energetico (2,2%) e di oltre un punto percentuale superiore all’intera economia (4,4%).

“È la dimostrazione che la politica energetica del governo Meloni è un disastro: mentre tutta Europa riduce i costi grazie alle rinnovabili, l’Italia resta prigioniera del gas. Il gas è il vero responsabile del caro energia, ma Meloni continua a voler trasformare il nostro Paese in un hub del gas europeo, condannando milioni di famiglie a pagare bollette più care per arricchire le società energetiche, che negli ultimi tre anni hanno realizzato 70 miliardi di profitti”, ha denunciato da Avs Angelo Bonelli.

Produzione industriale cresce a settembre ma scende nel trimestre

L’Istat ha diffuso anche il dato della produzione industriale a settembre che è aumentata del 2,8% rispetto ad agosto, compensando la forte flessione del mese precedente (-2,7%). Nella media del terzo trimestre, tuttavia, l’indice mostra una diminuzione su base congiunturale dello 0,5%.  

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