Italia a caccia di affari in Iran, più pericoli che opportunità. Dopo le visite di Stato ora si muovono le Regioni. Ma oltre ai rischi legali resta l’incognita terrorismo

Tutti pazzi per l’Iran. Dopo l’accordo sul nucleare non c’è Paese che non stia facendo carte false per stringere rapporti con Teheran. Tra questi l’Italia

Tutti pazzi per l’Iran. Dopo l’accordo sul nucleare non c’è Paese al mondo che non stia facendo carte false per stringere rapporti politici e soprattutto commerciali con Teheran. Tra questi non manca l’Italia, che ha già ospitato il presidente Hassan Rouhani e subito ricambiato la cortesia con la visita del premier Matteo Renzi e al seguito uno stuolo di imprese in cerca di affari. Nonostante alcune quisquiglie come la palese violazione dei diritti umani in Iran e un ampio margine d’incertezza sullo sviluppo degli impegni presi dal Governo islamico, la gara a farsi amica l’ex Persia continua però senza esclusione di colpi. Con casi disperati, come quello della Fiera di Roma, società in concordato preventivo e sul punto di saltare, che però ha appena annunciato una grande (e costosa) esposizione dedicata all’Iran.

Ma dalla Capitale alla Regione Marche, si passa quasi al patetico. Qui il presidente della giunta regionale Luca Ceriscioli ha proposta niente meno che una sorta di gemellaggio tra gli incolpevoli marchigiani e la popolazione iraniana. Nel corso di una visita dell’ambasciatore Jahanbakhsh Mozaffari a Jesi (Ancona) il 10 maggio scorso, Ceriscioli ha infatti proposto l’avvio di partnership commerciali e culturali con l’Iran, nel quadro di un ampio sostegno della Regione per rafforzare le relazioni commerciali.

FACILI SOSPETTI – L’iniziativa non è passata inosservata alla United Against Nuclear Iran (Uani), un’organizzazione internazionale impegnata a diffondere la consapevolezza sui pericoli che il regime Iraniano pone al mondo. Dell’Uani, alla quale aderiscono personaggi di primo piano della politica e dell’economia Usa, come l’ambasciatore Mark Wallace o l’importante senatore Joe Liebermanm ma anche europei come la spagnola Ana de Palacio o l’ex ministro degli esteri italino Giulio Terzi di Sant’Agata, La Notizia ha dedicato un servizio il 14 aprile scorso. La posizione espressa da questa associazione è chiaramente filo israeliana e quindi più che sospettosa su Teheran, ma le ragioni espresse in una lettera allo stesso Ceriscioli sembrano essere più che ragionevoli.

RIVOLUZIONE ISLAMICA – Nonostante la grancassa delle visite di Stato e dei giornali conformi alla linea Obama (e alle aspettative commerciali delle imprese) L’Uani ha infatti evidenziato soprattutto alle aziende locali i gravi rischi d’impresa di natura economica e politica che continuano a esservi per qualsiasi governo o società che cerchi opportunità di investimento in Iran. Senza che se ne parli minimamente, esistono infatti rilevanti rischi legali, politici, finanziari e di reputazione nell’entrare in relazioni d’affari con Teheran, in particolare nei settori dell’economia iraniana che sono ancora dominati dal Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica, entità che resta sottoposta a misure sanzionatorie poichè riconosciuta come organizzazione terroristica.