Italiano ucciso in Egitto, Il Cairo sta depistando. La polizia parla di incidente stradale. Versione a cui la Farnesina non crede

di Marcello Di Napoli

La morte dello studente italiano ucciso in Egitto è un rebus. Le indagini che arrivano dal Cairo sono del tutto incoerenti: procura e polizia dicono due cose opposte. Secondo la procura di Giza Giulio Regeni, scomparso la notte del 25 gennaio al Cairo e ritrovato ieri, è stato torturato. Il corpo del giovane aveva segni di coltellate sulle spalle, un orecchio mozzato, tagli sul naso, ustioni di sigarette sulle braccia, ecchimosi da pugno in faccia. Il suo corpo è stato trovato nudo dalla vita in giù, buttato sul ciglio della strada che collega Il Cairo ad Alessandria, in un luogo lontano sia da casa sua (el Dokki, quartiere centrale di Giza) sia dal luogo dove aveva appuntamento con il suo amico il 25 gennaio (centro del Cairo). Di segno diametralmente opposto le parole del direttore dell’Amministrazione generale delle indagini di Giza, il generale Khaled Shalabi, secondo cui “non c’è alcun sospetto crimine dietro la morte del giovane”.

LE INDAGINI – A causa di questa incoerenza, ora l’Italia non si fida. E vuole vederci chiaro. La Farnesina, infatti, ha chiesto all’Egitto di collaborare alle indagini. Insomma, la tensione è altissima. La morte di Regeni ha causato la sospensione della missione commerciale di circa 60 aziende e dei rappresentanti di Sace, Simest e Confindustria organizzata dal ministero dello Sviluppo Economico. La missione è guidata dal ministro Federica Guidi, che aveva in programma incontri con il Presidente della Repubblica Abd al-Fattah Al-Sissi, il Primo Ministro Sherif Ismail, tutti i ministri economici, l’Autorità del Canale di Suez e altri interlocutori. Incontri intesi a delineare i contenuti del vertice governativo che il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha annunciato voler tenere a breve, sempre in Egitto.

LA TENSIONE – Nel corso della missione saranno firmati importanti accordi economici al fine di intensificare l’interscambio tra i due Paesi che supera i 4 miliardi di euro, con un export in crescita ad oltre 2 miliardi. Insomma, finora non c’è nessuna ipotesi ufficiale sulla matrice del delitto di cui è stato vittima il dottorando di Cambridge che, da settembre, abitava in un appartamento del Cairo per scrivere una tesi sull’economia egiziana presso l’American University.

I PARTICOLARI – Però ci sono dei particolari sugli ultimi minuti in cui Regeni è stato visto vivo. Giuseppe Acconcia, collaboratore del Manifesto con il quale collaborava anche Regeni, ha raccontato che il ricercatore aveva preferito non firmare gli articoli perché “aveva paura per la sua incolumità”. “Giulio si occupava soprattutto di movimenti operai e di sindacalismo indipendente”, ha raccontato Acconcia, dunque era in contatto con esponenti dell’opposizione egiziana. Acconcia ha raccontato anche della testimonianza di una cronista locale che avrebbe visto uno straniero arrestato alla fermata della metropolitana di Giza, nel quartiere dove Regeni viveva, luogo in cui nel 2013 – proprio nell’anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir del 2011 – si erano verificate manifestazioni contro il regime di Mubarak. “Può essere che Giulio fosse andato lì proprio per vedere se ci fossero ancora manifestazioni”, ha raccontato il giornalista del Manifesto.