La capitana Rackete fa litigare Spadafora e Salvini. Il sottosegretario M5S accusa di sessismo il vicepremier che lo invita a dimettersi

Botte da orbi tra il sottosegretario grillino alle Pari opportunità, Vincenzo Spadafora, e il ministro dell’Interno, Matteo Salvini. La scintilla che ha fatto salire la tensione alle stelle la tensione tra i due big del Governo gialloverde? La capitana della Sea Watch, Carola Rackete. “Salvini ha aperto la scia dell’odio maschilista contro la capitana della Sea-Watch Carola”, sentenzia l’esponente M5S. “Se pensa che sono così brutto e cattivo, fossi in lui mi dimetterei”, gli risponde il leader della Lega.

BOTTA E RISPOSTA. Ad innescare la polemica, un’intervista del sottosegretario pentastellato rilasciata al quotidiano La Repubblica. “In Italia c’è una pericolosa deriva sessista” e “gli insulti contro le donne arrivano dalla politica”, ha accusato Spadafora, innescando l’immediata reazione del Carroccio. Dalla ministra per gli Affari regionali, Erika Stefani (“Il ruolo di Spadafora va ripensato”), al capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari (“Scuse o dimissioni”), che hanno fatto da apripista alla replica dello stesso Salvini: “Cosa sta a a fare al governo con me? Sta al governo con un pericoloso maschilista? Se pensa che sono così brutto e cattivo, fossi in lui mi dimetterei. Non ritenendomi io razzista e maschilista non ho nulla da rispondere”. Ma aggiunge: “Per me il governo dura altri quattro anni”.

A gettare acqua sul fuoco, ci pensa allora il leader M5S, Luigi Di Maio, costretto ad intervenire per riportare la calma all’interno del Governo. “Quanto casino per un’intervista! Ma è possibile che ora il problema di questo Paese debba diventare una intervista? Pensiamo a lavorare piuttosto visto che i risultati ci sono – invita tutti il vicepremier -. Sono già partiti quasi tutti gli appalti, il 96%, dei 400 milioni stanziati per i Comuni. Questi sono temi di cui deve parlare il governo e che ci rendono orgogliosi. Quindi lavoriamo e andiamo avanti”. Ergo: “Spadafora non si dimette. Punto. Ora andiamo avanti”.