La chiusura degli impianti sciistici agita la nuova maggioranza. Le Regioni insorgono contro la proroga dello stop decisa da Draghi. Imbarazzo della Lega, Borghi: “Si comincia malissimo”

La chiusura degli impianti sciistici agita la nuova maggioranza. Le Regioni insorgono contro la proroga dello stop decisa da Draghi. Imbarazzo della Lega, Borghi: “Si comincia malissimo”

Prima grana per Palazzo Chigi. La decisione, assunta in extremis dal premier Mario Draghi e decretata dal ministro della Salute Roberto Speranza dopo il no del Cts, di prorogare fino al 5 marzo la chiusura degli impianti sciistici (leggi l’articolo), spacca la nuova maggioranza e suscita l’ira delle Regioni che parlano di “decisione inaccettabile”. “C’è molta rabbia. Non nel merito, non siamo scienziati e al primo posto viene la tutela della salute. Quello che è accaduto spero sia un’ultima volta perché non è più tollerabile” ha detto commentato a Mattino Cinque il presidente della Regione Emilia-Romagna e della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini.

“La settimana scorsa – ha continuato – il comitato tecnico-scientifico ha dato il via libera alla riapertura degli impianti per le regioni in zona gialla. Abbiamo lavorato come regioni, insieme ai gestori degli impianti e agli enti locali, per riaprire le piste da sci con regole ancora più stringenti. Solo pochi giorni fa noi presidenti abbiamo detto che non volevamo la riapertura dello spostamento tra regioni nemmeno in zona gialla. Ci sono gestori e imprenditori che hanno lavorato per rimettere a posto le piste, per assumere personale, con prenotazioni”.

Per Bonaccini apprenderlo “poche ore prima che riaprano le piste, comporta che oltre al danno c’è la beffa”. “Nel merito non ci permettiamo di giudicare – ha aggiungo il governatore emiliano – perché è giusto tutelare la salute e se ci sono nuovi rischi è bene prendere provvedimenti, ma non si può arrivare poche ore prima dalla riapertura perché è inaccettabile. Dico anche agli esperti: un po’ meno interviste e discutiamo di più tra di noi e nei luoghi dove bisogna discutere e poi la politica prende le decisioni”.

“Subito al lavoro con i ministri della Lega. Da domani, in ufficio o sui territori, siamo pronti a incontrare famiglie e imprese da troppo tempo in attesa degli aiuti promessi” assicura il leader della Lega, Matteo Salvini, dopo aver incontrato i tre ministri del partito (Garavaglia, Stefani e Giorgetti). “Domani (oggi, ndr) Garavaglia non sarà al ministero – ha detto ancora Salvini – ma sul territorio per incontrare personalmente operatori dello sci e del turismo invernale. Gli altri impegni urgenti dei ministri della Lega saranno con le associazioni dei disabili e per affrontare i dossier lasciati aperti dal precedente governo: pensiamo a Ilva, Alitalia e al sostegno alle troppe imprese dimenticate”.

Ma Salvini, sempre ieri sera commentando la decisione di posticipare lo stop allo sci, aveva espresso anche una posizione molto critica: “Sugli impianti sciistici oggi il Cts dice l’esatto contrario di una settimana fa. Ora la salute viene prima di tutto, ma pensi a un imprenditore che si è organizzato per riaprire. Non si può dire la domenica pomeriggio per il lunedì mattina che è cambiato tutto. Bisognava dirlo la settimana scorsa”. Più netto, su Twitter, il deputato del Carroccio, Claudio Borghi: “Si comincia malissimo”.

“Ora non si può più parlare soltanto di ristori. In questo caso ci vorranno degli indennizzi. Dei riconoscimenti per il danno subito” ha detto, invece, al Corriere il governatore veneto, Luca Zaia. Dietro alla montagna invernale, ha sottolineato ancora l’esponente della Lega, “ci sono sì gli impianti di risalita, i grossi operatori. Ma c’è anche una nuvola densa di piccole attività, dalla ristorazione ai maestri di sci, che non è codificata ma è imponente. Ci sono gli stagionali… Il danno è colossale”. La salute, ha aggiunto Zaia, “viene prima di qualunque altra cosa, dubbi non ce ne sono. E mi rendo conto che per la politica le ultime settimane sono state difficili. Ma è pur vero che gli operatori avevano letto un Dpcm che consentiva di riaprire il 15 febbraio”. E dunque “il provvedimento in “zona Cesarini” qualche dubbio lo lascia: ci sono dei tempi che se non sono rispettati, mandano tutto in deflagrazione”.