La crisi in Libia non è ancora finita. La tv pubblica Libya Al Wataniya denuncia un assalto armato da parte dei miliziani: “Vogliono creare il caos”

La crisi in Libia non è ancora finita. La tv pubblica Libya Al Wataniya denuncia un assalto armato dei miliziani: "Vogliono creare il caos"

La crisi in Libia non è ancora finita. La tv pubblica Libya Al Wataniya denuncia un assalto armato da parte dei miliziani: “Vogliono creare il caos”

Malgrado le rassicurazioni rivolte alla comunità internazionale, la crisi interna in Libia sembra tutt’altro che conclusa. L’emittente pubblica libica Libya Al Wataniya ha condannato con fermezza l’assalto armato subito presso la propria sede principale di Tripoli, dove un commando ha fatto irruzione causando ingenti danni alle apparecchiature e provocando l’interruzione del segnale televisivo.

Nel raid – spiegano dall’emittente – alcuni miliziani avrebbero tentato anche di saccheggiare attrezzature di grande valore.

La crisi in Libia non è ancora finita. La tv pubblica Libya Al Wataniya denuncia un assalto armato da parte dei miliziani: “Vogliono creare il caos”

Come si legge nel comunicato pubblicato sui canali ufficiali, la direzione di Libya Al Wataniya ha definito l’episodio “un attacco pericoloso” e “una flagrante violazione contro una struttura statale”, oltre che “un incitamento diretto al caos e al terrore tra i cittadini”.

Una durissima nota in cui la direzione ha dichiarato di aver sporto denuncia contro l’assalto, chiedendo alle autorità competenti di “indagare per identificare e perseguire i responsabili”. Un episodio che dimostra come le tensioni nel Paese – dove per giorni si è temuta l’esplosione di una vera e propria guerra civile – siano tutt’altro che superate.

Che la tensione resti ancora alta, lo ha detto molto chiaramente Aref Ali Nayed, capo del movimento Ihya Libya (Rilancio della Libia) in un’intervista ad Italpress. Secondo Ali Nayed al momento a Tripoli c’è la calma, ma “la violenza potrebbe tornare da un momento all’altro. I recenti scontri hanno causato vittime civili e caos, poiché gruppi armati – nominalmente affiliati allo Stato – hanno trasformato le aree residenziali in zone di battaglia”.