“La cultura come propaganda, così la intendono le destre”: l’intervista alla sociologa Saraceno

Parla la sociologa Chiara Saraceno: "Meloni e i suoi premiano i loro amici, le destre intendono la cultura come propaganda".

“La cultura come propaganda, così la intendono le destre”: l’intervista alla sociologa Saraceno

Marino Sinibaldi è stato praticamente cacciato dal Centro per il Libro e la Lettura. La sua presidenza triennale era scaduta lo scorso 8 gennaio, ma tutto faceva pensare a una riconferma del mandato. C’è chi parla di epurazione. Chiara Saraceno, sociologa, che ne pensa?
“Difficile parlare di epurazione, perché se era scaduto il mandato formalmente era aperta sia la possibilità di rinnovo sia quella di ricambio. Se fosse stato cacciato in itinere sarebbe stato più facile dire che era un’epurazione. Certamente, la mancata conferma di una persona con quella cultura, professionalità e prestigio, non è un buon segnale. Bisogna vedere da chi sia stato sostituito…”.

Al suo posto il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha voluto il giornalista Adriano Monti Buzzetti Colella, nei cui libri si parla del referendum del 2 giugno come di “referendum-truffa”. Direttore della rivista “Dimensione cosmica” e tra gli organizzatori della mostra su Tolkien, icona della premier.
“Qui la questione non è quella dell’avvicendamento, perché i cambi sono del tutto legittimi, ci mancherebbe altro. Altrimenti le cariche sarebbero a vita. La questione è che questo governo – come altri in precedenza anche di diversi colori – che vuole occupare le diverse posizioni anche culturali poi sembra non avere le persone qualificate. Questo è il dramma. Loro vogliono sostituire una cultura di destra, qualsiasi cosa questo voglia dire, non avendo in realtà un personale culturale qualificato e nemmeno se lo cercano. Non sono neppure abbastanza ‘furbi’ per cercare persone non così contigue ma che siano qualificate proprio per crearsi anche una legittimazione culturale. Non sembra che poi questa loro aspirazione al monopolio culturale abbia prodotto nomi di personalità culturali di standing riconosciuto. Si fanno sempre i soliti nomi di Veneziani o Buttafuoco, come se al di fuori di questi due non ci fosse nessuno. Non è che i governi precedenti, anche quelli di centrosinistra abbiano sempre brillato di pluralismo, perché spesso ancorati agli stessi giri. Ma qui è proprio un cerchio ristrettissimo e spesso non riconosciuto da nessuno, al di fuori di loro. Di questo signore (Colella, ndr) non emerge nessun dato qualificante. Dunque se io metto a presiedere il comitato per la lettura uno che non dà prova di essere capace di promuovere il gusto della lettura, al di là di Tolkien, su cui ha fatto la mostra perché piace alla premier, è un’operazione limitata. Il problema riguarda non solo la cultura: le destre sono orientate a premiare strettamente gli amici, a prescindere. Invece di sforzarsi di allargare il cerchio. Ci sono intellettuali di spessore poco valorizzati nel passato ma che hanno qualità. Forse al governo dovrebbero fare un po’ di scouting. Così si squalificano, invece. Danno l’impressione che della cultura a loro non interessi nulla. Forse a loro interessa promuovere ideologie, ma questo è un altro paio di maniche”.

Secondo lei da parte delle destre c’è un progetto di cambio dell’egemonia culturale?
“Probabilmente sì, ma ci vuole capacità. Ma è comunque sbagliata come idea questa, perché sembra che prima ci fosse un modello unico, un’egemonia che non c’è da un bel pezzo. Ad ogni modo se hai questo progetto culturale non lo fai semplicemente con la propaganda. Le destre scambiano fare cultura con la propaganda sloganistica. E comunque non sarei d’accordo su questo progetto egemonico, per carità abbiamo già dato. Sarebbe accettabile invece che loro promuovessero intellettuali di valore e competenti che magari non sono recensiti da Repubblica. Ma li tirino fuori. Se propongono questi qui vuol dire che non li hanno. E né vogliono guardarsi attorno”.

Questo progetto passa anche attraverso l’occupazione della Rai e la direzione dei musei.
“Una delle critiche che è stata rivolta a Dario Franceschini (ex ministro della Cultura, ndr) è che avesse fatto dei bandi aperti a livello internazionale, che non è concetto di egemonia culturale. Il direttore del museo egizio ha fatto cose bellissime. Non riesco a capire in questo dove fosse l’egemonia culturale, salvo l’egemonia della cultura, che è cosa diversa dal volere l’egemonia culturale, come auspicano le destre, avendo peraltro una cultura fatta di sloganini, efficaci sul piano elettorale ma scarsi come progetto culturale. E non avendo, ripeto, persone qualificate poi si prendono dei portaborse, dei tirapiedi, dei laudatori, dei fedelissimi e non persone in grado di sviluppare un progetto culturale serio. Hanno un’idea della cultura come propaganda: è questo che mi disturba”.

I valori di questo immaginario di destra sono sempre ‘Dio, patria e famiglia’?
“Sì, ma anche quelli dell’autoreferenzialità, dell’autarchia culturale, ma autarchia di un piccolo gruppo. E poi la mancanza di autocritica, di autoironia e anche la capacità di dialogare con chi è diverso da te. La cultura è invece capacità di costruire ponti e di dialogare. Le destre interagiscono solo con i loro amici”.

Cosa dovrebbe fare il centrosinistra per opporsi a queste derive?
“Smettere di agire solo di rimessa. Non c’è un’agenda della sinistra. L’agenda la detta la destra e la sinistra reagisce. Se da parte della maggioranza non ci fosse qualcuno che ogni giorno fa una sciocchezza la sinistra sarebbe afona. Tranne il salario minimo non scorgo progetti”.

Queste destre hanno cancellato la povertà dall’agenda politica. Anche quest’operazione rientra nel nuovo modello di Paese che intendono imporci: forti coi deboli e compiacenti coi forti?
“Coi deboli sì, non so se compiacenti coi forti: tali possono essere considerati i balneari? Sicuramente sono compiacenti, anzi totalmente sdraiati col proprio elettorato. L’attacco al Reddito di cittadinanza, benché criticabile la misura in diversi suoi aspetti, è stato esagerato. Dire che tutti quelli che lo prendevano erano imbroglioni non sta in piedi. E le misure che hanno messo in campo ci fanno tornare indietro di un bel po’. L’attacco al Reddito poi va unito alla resistenza a un salario minimo legale, per cui può aumentare l’occupazione ma i salari rimangono ancora bassi”.

Che ne pensa delle braccia tese e dei saluti romani alla commemorazione di Acca Larentia?
“Non è la prima volta. Lo stracciamento di vesti che c’è adesso è comprensibile ma avrei voluto vederlo altrettanto negli anni passati”.

Giorgia Meloni per ora non parla…
“Come premier e leader di un partito che comunque ha origine da quella storia, anche se dice di essersene distaccata, forse dovrebbe preoccuparsi che qualcuno quella storia la vuole continuare. Dovrebbe dire a quelli col braccio alzato ‘non permettetevi di identificarvi con me o di dire che sono dalla vostra parte’. E non continuare a ripetere che lei di quella storia non fa parte. Non deve parlare solo ai suoi oppositori, dovrebbe parlare a quelli di Casa Pound dicendo loro: ‘non fate parte della mia storia’”.