La cupola di Ostia esiste. Per boss e affiliati del clan Spada arrivano le prime condanne per associazione mafiosa

La pentita Tamara Ianni ha vuotato il sacco. Per questo ha appena subito un attentato

Gli Spada sono un vero clan e a Ostia c’è la mafia. Le indagini lo avevano solo ipotizzato ma ieri un giudice di Roma, con una sentenza storica, lo ha messo nero su bianco condannando tre componenti della nota famiglia per associazione mafiosa. Questo l’esito del processo, celebrato con il rito abbreviato e concluso dal gup Corrado Cappiello che ha inflitto una pena di 10 anni e 8 mesi a Massimiliano Spada e al sodale Massimo Massimiani, detto Lelli, e a 9 anni di reclusione nei confronti di Claudio Galatioto.

I tre imputati erano stati arrestati il 25 gennaio nel corso della maxi operazione che aveva letteralmente decapitato la ‘cupola’ del litorale romano. In quell’occasione erano stati arrestati 32 membri del clan, 27 dei quali sono tutt’ora sotto processo nell’aula bunker di Rebibbia, per reati che andavano dall’associazione mafiosa all’estorsione passando per lo spaccio, l’usura e l’omicidio. Ad incastrarli erano state le indagini del pm Ilaria Calò e del collega Mario Palazzi, anche grazie alle decisive dichiarazioni di una serie di collaboratori di giustizia. Illuminanti, in particolare, quelle della pentita Tamara Ianni e del convivente Michael Cardoni, quest’ultimo nipote di Giovanni Galleoni detto “Baficchio”, ritenuto uno dei discendenti della banda della Magliana e rimasto ucciso a Ostia nel 2011.

Proprio la donna con le sue parole aveva aperto una breccia nel sottobosco criminale di Ostia. Sentita a più riprese dai magistrati di piazzale Clodio, aveva raccontato quel mondo da lei stessa vissuto e conosciuto che imbriglia, in una morsa soffocante, la città a due passi dalla capitale. Tamara aveva così svelato ai pm tutti i meccanismi usati dal clan e, successivamente, aveva consegnato una lista di nomi del malaffare di Ostia gestito e creato dagli Spada. Non solo, aveva anche spiegato per filo e per segno il funzionamento del racket delle abitazioni di edilizia popolare del litorale romano dove bastava una partita di droga non pagata per far scattare pesanti ritorsioni, fino all’espropriazione di casa. Proprio per questo era finita nel loro mirino, con l’attentato del 3 ottobre scorso quando,nel tentativo di tapparle la bocca, qualcuno aveva fatto detonare un ordigno artigianale sul balcone di casa dei suoi genitori.

I RUOLI – Secondo l’accusa i tre condannati avevano compiti ben precisi. A Massimiliano Spada il clan aveva affidato la gestione delle armi e della droga mentre Massimiani, in passato membro del clan rivale dei Baficchio, si occupava dell’attività illegali legate agli stupefacenti. Galatioto, invece, gestiva le sale giochi di Ostia, fondamentali per rifornire di denaro l’organizzazione. Proprio quest’ultimo, assieme al capoclan Carmine Spada detto ‘Romoletto’, Ottavio Spada, Armando Spada e Roberto Spada, era stato oggetto del maxi sequestro da 19 milioni di euro, dello scorso 11 ottobre, in cui la guardia di finanza aveva messo i sigilli a ville, associazioni e attività del sodalizio.