La doppia faccia della Spagna sulle armi a Israele: da Sanchez un embargo fantasma

Dietro gli annunci di embargo di Sánchez, la Spagna ha firmato oltre un miliardo di euro in contratti militari con Israele

La doppia faccia della Spagna sulle armi a Israele: da Sanchez un embargo fantasma

Pedro Sánchez ha recitato il suo copione diplomatico: indignazione pubblica, riconoscimento dello Stato palestinese, e roboanti annunci sull’embargo delle armi verso Israele. Tutto secondo manuale. Ma dietro l’apparenza dell’impegno umanitario, il governo di Madrid ha continuato a finanziare, con puntuale regolarità, il sistema militare israeliano proprio mentre quest’ultimo intensificava il massacro a Gaza.

Il rapporto pubblicato a maggio 2025 dal Centre Delàs d’Estudis per la Pau, intitolato Beneficio Colateral, smonta l’intera narrazione ufficiale. I numeri sono chiari. Solo tra il 7 ottobre 2023 — data dell’attacco di Hamas — e marzo 2025, la Spagna ha esportato a Israele armi e munizioni per almeno 5,3 milioni di euro, secondo i dati forniti dallo stesso governo israeliano. Nonostante il governo spagnolo continui a dichiarare di non aver concesso nuove licenze di esportazione di materiale bellico, l’interscambio è proseguito attraverso contratti già in essere.

Joint venture e commistioni industriali

Dietro questa continuità commerciale si cela un intreccio industriale ormai strutturale tra le due economie della difesa. I dati raccolti dal Centre Delàs sono inequivocabili: “Mai prima d’ora tante imprese spagnole o stabilite in Spagna hanno sviluppato così tanti progetti insieme a imprese israeliane”. Dopo il 7 ottobre, ben 46 contratti sono stati assegnati a imprese israeliane, per un valore superiore a 1 miliardo e 44 milioni di euro. Elbit Systems e Rafael – i due colossi dell’industria bellica israeliana – sono i maggiori beneficiari. Elbit, che fornisce i mortai Cardom e i proiettili guidati Iron Sting testati proprio a Gaza nell’autunno 2023, è ormai fornitore stabile dell’esercito spagnolo. Rafael, invece, ha firmato la fornitura dei missili Spike LR2 e dei sistemi laser per il combattimento aereo.

La commistione non si limita alla semplice compravendita. Il veicolo blindato “Dragón”, fiore all’occhiello dell’industria bellica spagnola, nasce da una joint venture tra imprese spagnole e israeliane. Lo stesso avviene per i lanciarazzi SILAM e per i missili Spike, frutto di consorzi misti ispanico-israeliani.

L’imbarazzo politico è esploso solo quando, a fine aprile 2025, è emersa la notizia dell’acquisto da parte del Ministero della Difesa spagnolo di oltre 15 milioni di proiettili destinati alla Guardia Civil e prodotti da Elbit. Di fronte alle minacce di rottura della coalizione da parte di Izquierda Unida, Sánchez è stato costretto a revocare il contratto. Ma la revoca è apparsa più un’operazione di facciata che un cambio di linea strutturale.

Violazioni giuridiche e opacità deliberata

Il nodo giuridico è ancora più grave. Il Centre Delàs ricorda come, alla luce del Trattato internazionale sul Commercio delle Armi (ATT), ratificato dalla Spagna, il governo sarebbe tenuto a revocare qualsiasi licenza vigente nel momento in cui esiste il rischio che il materiale esportato possa essere usato per crimini di guerra, crimini contro l’umanità o genocidio. La Relatrice speciale Onu Francesca Albanese e organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch hanno già documentato che quanto accade a Gaza soddisfa i criteri per questi crimini. Eppure, il governo spagnolo si rifugia dietro formalismi amministrativi per non applicare l’embargo.

Intanto, l’ipocrisia continua a viaggiare anche per mare e per aria. Come documentato dal Centre Delàs, cargo carichi di armamenti o combustibili per uso militare continuano a transitare nei porti e aeroporti spagnoli, spesso grazie a triangolazioni con aziende statunitensi o norvegesi, che usano la Spagna come piattaforma logistica verso Israele.

Il 28 maggio 2024, mentre Sánchez annunciava il riconoscimento dello Stato palestinese, il governo posticipava di mesi la pubblicazione dei dati ufficiali sull’export militare, per non oscurare il valore mediatico dell’annuncio. La realtà, invece, è quella di una complicità strutturale: la cooperazione militare tra Spagna e Israele è viva, profittevole, politicamente protetta e solo marginalmente scalfita dalle crisi diplomatiche di facciata.