La festa del Pd al Teatro Eliseo. Veltroni: “Non avere paura della parole sinistra”. E Gentiloni promette che lo Ius soli sarà approvato – Video

Il Pd si è riunito al Teatro Eliseo di Roma, dove è stato celebrato il decimo anniversario della sua fondazione. Sul palco Veltroni, Gentiloni e Renzi

Il Pd si è riunito stamattina al Teatro Eliseo di Roma, dove è stato celebrato il decimo anniversario della sua fondazione. Sul palco il primo segretario Walter Veltroni, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e l’attuale leader Matteo Renzi. In platea mancavano, ovviamente, Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema (che come molti altri hanno abbandonato in questi anni il Nazareno) ma anche Romano Prodi, al quale il teatro ha dedicato un lungo applauso quando Veltroni lo ha citato all’inizio del suo intervento. Ma non solo. Se è vero infatti che in platea c’era quasi tutto il Governo – da Dario Franceschini a Maria Elena Boschi fino a Luca Lotti e Graziano Delrio –, dall’altra mancava la minoranza dem, a partire dal Guardasigilli Andrea Orlando per arrivare a Gianni Cuperlo e al governatore della Puglia Michele Emiliano, che ha preferito partecipare all’iniziativa “Visto da Sud” organizzata da Fratelli d’Italia.

Veltroni ha invita il Partito democratico a non avere “paura della parola sinistra” consapevole che “è la possibile grande risorsa di questa Paese a condizione che sia all’altezza dei principi che lo hanno fatto nascere”. Proprio ricordando le divisioni che hanno affossato l’Ulivo (“abbattuto da massimalismo e divisioni”), il primo segretario del Pd ha auspicato che i dem facciano alleanze ma “prima delle elezioni” e non “spurie”. Un lungo applauso ha accolto sul palco anche Gentiloni. “Teniamocelo stretto questo Pd – ha detto – perché non so come sarebbe sopravvissuta la sinistra di Governo se non avesse assunto la forma dieci anni fa del Pd”. Il premier ha invitato a “lasciare alle spalle le discussioni del passato” perché “il Pd è il Pd. Il progetto bene o male è riuscito, è vivo, lotta insieme a noi”. E ha ribadito l’”impegno” personale e del Governo per approvare lo Ius soli prima della fine della legislatura – come peraltro chiesto da Veltroni – ma anche la “centralità” che nella legge di Bilancio sarà data al tema del lavoro.

A chiudere la mattina è stato Renzi, che nel suo intervento ha tracciato il disegno dei prossimi mesi. “Il Pd – ha affermato – non appartiene a chi sta sul palco in questo momento”. Assicurando che “non mi interessa chi farà il premier, mi interessa come”. Anche se, a Repubblica, l’ex sindaco di Firenze aveva ribadito di essere pure il candidato premier in qualità di segretario, come prevede lo statuto del partito.

Renzi non ha comunque lesinato critiche agli oppositori interni ed esterni (cioè le forze a sinistra del Pd). “Se non ci fosse stato il Pd – ha rivendicato – la sinistra italiana oggi sarebbe irrilevante”, e “chi se ne va sta tradendo se stesso”. Il Partito democratico ha un solo “nemico” che è “l’autoreferenzialità, il parlarsi addosso. Nessun altro fa i congressi, noi quando li facciamo viviamo questi appuntamenti come uno scontro all’arma bianca”. E invece, per il segretario, l’”avversario” è la destra, in due forme: “Quella populista del Movimento 5 Stelle e una destra ancora più forte, che mi preoccupa di più, che tiene insieme Berlusconi e Salvini. Abbiamo di fronte un corpo a corpo in tutti i collegi con i Centrodestra”, ha concluso.

“Io ho creduto nel Pd e tuttora vi milito”, ha detto Cuperlo, uno dei grandi assenti, parlando a margine dell’incontro alla scuola di formazione politica del Pd a Milano. “Il partito è nato per unire e federare un campo più largo e in parte questo intento non ci è riuscito”. Renzi premier? “Nel momento in cui si costruisce una coalizione, prendendo atto che esiste una forza centrale di dimensioni più consistenti – ha ragionato l’ex presidente del Pd – credo che la ragionevolezza vada nel senso di dire: ‘discutiamo in modo aperto e collaborativo su quale sia la soluzione migliore da dare al Paese’”. Caustico anche Giuseppe Civati. “Pare che oggi l’ex premier abbia detto che: ‘Chi se ne va dal Pd sta tradendo se stesso’. È tipico di questa sottocultura politica rovesciare parole e cose”. E ancora: “Tradito da se stesso e dalla propria arroganza – ha concluso il leader di Possibile – il principale protagonista della lunga serie di tradimenti della stagione della politica tradita proietta sugli altri. Tradendo nervosismo. Pure quello”.