La folle difesa delle piccole Iri dai mille sprechi

di Gaetano Pedullà

Stavolta Grillo ha sbagliato autobus. E al capolinea di Genova troverà pure un po’ di consenso, ma non la chiave per dare un futuro all’azienda dei trasporti locale, ai suoi dipendenti e alla città. Da giorni i lavoratori tengono in ostaggio i genovesi per impedire la privatizzazione dell’ex municipalizzata. Sono convinti che restare a libro paga del Comune li garantisca più di quanto non possa fare un ipotetico azionista privato. Un errore madornale, perché i trasporti locali sono un pozzo di spesa senza fondo, dove presto o tardi i Comuni dovranno gettare la spugna. Il caso simbolo è Roma, dove l’amministrazione guidata dall’incolpevole Ignazio Marino è sull’orlo della bancarotta proprio a causa delle perdite accumulate nel tempo dalle partecipate. Una piccola Iri che serve da anni alla politica per sistemare gente e fare clientele, a fronte di servizi costosi e inefficienti. Certo, anche i privati danno garanzie fino a un certo punto. Se le aziende sono profittevoli, e se la legge impedisce con gli opportuni paletti di svuotarle, ci investono sopra. Se invece dare certi servizi fa perdere quattrini e basta, da un giorno all’altro abbassano la saracinesca e ti saluto. Dunque, adesso che lo Stato non può ripianare i debiti a piè di lista, di garanzie assolute non ce ne sono più. D’altra parte, non sono garantite le nostre pensioni, non è garantito chi ha studiato anni per prendere una laurea, non è garantito chi lavora da dieci anni da precario (vogliamo parlare di cosa accade nella scuola?), perché dovrebbero avere tutto assicurato gli autisti degli autobus o i travet della pubblica amministrazione? L’unica possibilità per guardare con ragionevole ottimismo al futuro non è dunque lavorare per un’azienda pubblica o privata, ma far funzionare le aziende, renderle profittevoli, competitive ed efficienti. E qui Grillo sbaglia. Tra le migliaia di aziende municipali (o delle Regioni, delle Province, ecc.) sono pochissime quelle che funzionano. Difendere i carrozzoni per strappare l’applauso dei lavoratori non porta lontano. A Roma, l’Atac (l’equivalente dell’azienda dei bus locali che sciopera a Genova) ha bruciato solo negli ultimi anni un miliardo e mezzo di euro. Peggio dell’Alitalia. E dentro gli amministratori hanno preso stipendi d’oro, si sono assunte centinaia di persone di cui non c’era bisogno e ci sarebbe stata proprio all’interno una truffa milionaria, con la stampa di biglietti clonati che hanno arricchito i funzionari infedeli, mentre chi doveva controllare dormiva o era connivente. Questo bengodi oggi non c’è più. Chi pensa che tanto alla fine passa sempre Pantalone a saldare il conto sbaglia di grosso. Alzare le barricate per difendere un sistema che è sopravvissuto in passato promettendo a tutti che possa funzionare per sempre significa illudere chi lavora. E un po’ anche i cittadini che chiedono, a diritto, servizi migliori.