Le Lettere

La guerra dell’Expo

La Meloni esulta perché l’Europa ci pagherà la quarta rata del Pnrr, cioè quei fondi che senza Conte non avremmo mai visto. Ma che faccia tosta: fino all’altro giorno gli rimproverava di aver portato troppi soldi dall’Ue.
Luisa Cameli
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Gentile lettrice, la Meloni esulta perché fino all’ultimo l’Europa ha esitato a darci i soldi, a causa di piani confusi che Bruxelles ci ha costretti a correggere ripetutamente, come questo giornale ha scritto più volte. Ne La Notizia del 18 ottobre scorso dicevo tra l’altro che a causa dei piani pasticciati l’Italia ha perso 16 miliardi, mentre la Spagna, per dirne una, ne ha ottenuti 84 in più. Eppure, la stampa in massa scrive la clamorosa fesseria secondo cui la Meloni sarebbe “stimata e rispettata in Europa” o addirittura “la donna più potente d’Europa” (vedasi l’Economist, di proprietà degli Agnelli-Elkann). Abbiamo visto quanto conta Gioggia della Garbatella: grazie al suo “peso” mondiale Roma è arrivata terza su tre nell’assegnazione dell’Expo 2030, con 17 ridicoli voti, battuta da Riad con 119 voti e perfino dalla sudcoreana Busan con 29. E siamo fortunati che non partecipassero Samoa o il regno di Tonga, se no ci avrebbero umiliati anche loro. Quanto a Conte, il nemico pubblico dell’accolita politico-mediatica, è stato l’ultimo premier italiano rispettato in Europa. Ho rivisto un video del 2020, dopo la conquista del Recovery Fund, con le lodi di tutti i leader europei, incluso David Sassuoli che al Tg3 del 21 luglio diceva: “La delegazione guidata da Conte ha fatto onore al nostro Paese”. Dopo Conte, la parola “onore” per l’Italia non s’è più sentita.

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