La guerra infinita della Bce all’aumento dei salari: se gli stipendi crescono, i tassi non scendono

La Bce continua nella sua crociata contro l'aumento dei salari: Francoforte tifa per stipendi fermi e minaccia di non tagliare i tassi.

La guerra infinita della Bce all’aumento dei salari: se gli stipendi crescono, i tassi non scendono

L’inflazione ha intaccato il potere d’acquisto dei lavoratori europei e oggi la loro speranza è che i salari inizino a crescere a ritmi tali da poter, almeno in parte, contrastare l’aumento dei prezzi. Un principio logico e in cui sperano tutte le economie europee per far sì che aumentino i consumi. Ma non tutti la pensano così: la Bce, infatti, prosegue nella sua guerra contro l’aumento dei salari, avvertendo che un incremento degli stipendi potrebbe comportare un mancato taglio dei tassi di interesse.

La Banca centrale europea teme che un aumento importante dei salari possa compromettere gli sforzi di Francoforte nel contrastare l’inflazione. Per quest’anno ci si aspetta una crescita dei salari nella zona euro del 4,6%, un ritmo troppo elevato per la Bce che spera che questo tasso non si superi il 3%. 

La crociata della Bce contro l’aumento dei salari

La Bce ritiene che un aumento dei salari oltre il 3% possa rappresentare un rischio per il taglio dei tassi d’interesse, che dovrebbe iniziare tra la primavera e l’estate. Reamonn Lydon, economista presso la Banca centrale d’Irlanda, parla di una “strada impervia”, facendo riferimento all’aumento dei salari che potrebbe andare oltre il 3%.

Il problema, per la Bce, è che i rialzi dei salari potrebbero aumentare i costi per le imprese e incrementare i redditi per le famiglie. Elementi positivi, di certo, per famiglie e aziende, ma che per Francoforte potrebbero far nuovamente salire i prezzi, spingendo l’Eurotower a mantenere più a lungo alti i tassi. 

Insomma, la speranza della Bce è che gli stipendi non aumentino più di tanto. E poco importa che i lavoratori hanno visto, nell’ultimo biennio, scendere i loro salari reali del 5%. Motivo per cui Francoforte sembra preoccupata persino dagli aumenti dei salari minimi nei vari Paesi Ue: del 3,4% in Germania, del 3,8% nei Paesi Bassi e del 5% in Spagna. E poi ci sono tutte le partite dei rinnovi contrattuali o degli aumenti stabiliti dalle aziende per fronteggiare il crollo del potere d’acquisto: in diversi settori, soprattutto al di fuori dell’Italia, gli aumenti superano il 5%. Ma la Bce spera che questa tendenza si fermi e che i salari restino fermi al palo.