La linea: il ritorno alla normalità sarà graduale. Il piano del Comitato scientifico: si comincia dalle Regioni meno colpite dal Coronavirus

Nonostante le buone notizie che arrivano sul fronte dei contagi, il governo è intenzionato a prorogare le misure di contenimento che scadono il 3 aprile. L’annuncio del nuovo Dpcm potrebbe essere successivo a un Cdm che dovrebbe tenersi nelle prossime ore. L’esecutivo, stretto tra il pressing di Confindustria perché si riapra al più presto e gli inviti alla cautela degli scienziati e dei medici, avrebbe comunque già scelto per la proroga dei blocchi. Non c’è certezza sul “fino a quando” ma sicuramente si guarda a dopo Pasqua, come indicato dal Comitato scientifico con cui premier e ministri sono in contatto permanente.

Il premier è ben consapevole che lo stop a tutte le attività produttive non possa durare a lungo ma per la riapertura la parola d’ordine da seguire è la stessa utilizzata per le chiusure: gradualità. Solo a metà aprile, se la curva dei contagi dovesse confermare i trend positivi, si potrà ragionare su cosa riaprire. E il comparto che potrebbe beneficiare delle prime aperture potrebbe essere proprio quello delle attività produttive. Le Regioni del Nord sono scettiche e vorrebbero che il blocco si estendesse almeno fino alla fine di questo mese. “Oggi è ancora presto per dare indicazioni su quali attività si potranno riaprire e con quali tempistiche, il comitato tecnico scientifico farà valutazioni rigorose ed elaborerà delle linee guida con il ministero della Salute su come fare e a quali condizioni”, dice il ministro Francesco Boccia.

La ripartenza, secondo gli esperti, dovrà comunque avvenire in modo scaglionato per tipologia di attività e per Regioni. E ovviamente lasciando a casa le persone più fragili: gli over 65 e quelli con patologie. Per il mondo scientifico non è tanto il “quando” ma il “come” avverrà il riavvio, che farà la differenza. Fondamentale, sostiene il virologo Andrea Crisanti, sarà dotarsi di un piano di sicurezza. Dai dispositivi di protezione individuale alla possibilità di effettuare un piano di test tampone per tutti i lavoratori alla riapertura. I test andrebbero successivamente ripetuti a campione, ad esempio sul 30% dei dipendenti dell’azienda. In ultimo si dovrebbe verificare la tracciabilità dei dipendenti, anche con app, “per individuare subito i contatti in caso di positività”. Le Regioni con meno casi e più isolate potrebbero sperimentare per prime tale modello di riavvio. Obiettivo è evitare che i contagi possano ricominciare anche dopo una fase marcata di cali.