La Meloni rinvia la passerella a Porta a Porta

Non ci sono traguardi da sbandierare. Per l'ospitata del presidente del Consiglio Meloni a Porta a Porta si riprova oggi.

Per assistere alla passerella televisiva di Giorgia Meloni per raccontare a pochi giorni dal Natale il successo del suo governo, bisognerà attendere. Già perché lo speciale di Porta a Porta che sta facendo tanto discutere, soprattutto perché in molti puntano il dito nei confronti del servizio pubblico additato di sudditanza nei confronti di Palazzo Chigi, doveva tenersi ieri sera è invece ci sarà oggi a causa, secondo quanto trapela, di un’indisposizione della Meloni.

Non ci sono traguardi da sbandierare. Per l’ospitata del presidente del Consiglio Meloni a Porta a Porta si riprova oggi

Eppure c’è chi sospetta che dietro al forfait ci siano soprattutto questioni politiche legate alle fibrillazioni che agitano la maggioranza e che stanno rendendo davvero complicato portare a casa la legge di Bilancio. Proprio quella che guarda caso sarebbe stata al centro dell’intervista alla Meloni che, probabilmente, sperava di poter andare negli studi televisivi con in mano il provvedimento fatto e finito.

Peccato che le cose siano andate molto diversamente e che la manovra ha subito forti ritardi per via dello scontro tra Forza Italia e Fratelli d’Italia che ha fatto intravedere il rischio dell’esercizio provvisorio. Un’eventualità che il nostro Paese non può permettersi e per il quale non si può più escludere il ricorso al voto di fiducia che, in ogni caso, sarebbe uno smacco soprattutto per la Meloni. Questo perché la leader ha sempre sostenuto come il Parlamento avrebbe potuto – e dovuto – dire la sua sulla legge di Bilancio.

Una tesi ribadita il 15 dicembre scorso quando raccontava del parere positivo sulla manovra espresso dall’Unione europea, senza spendere neanche una parola sulle misure bandiera che sono state smantellate da Bruxelles su fisco e contante, affermando che “siamo fra quelli che hanno avuto un giudizio migliore” dalla Commissione Ue “e questo richiede al Parlamento di muoversi con rapidità, pur nel rispetto delle sue prerogative che io ho sempre difeso”.

E la Meloni potrebbe aver dribblato Bruno Vespa, rimandando l’intervista a oggi, proprio nella speranza di avere finalmente il via libera alla manovra o comunque qualche asso nella manica da spendere.

Questo perché le carte in mano al Presidente del Consiglio non sono poi tante visto che le promesse elettorali sono state in larga parte disattese e non è facile spiegare ai cittadini cosa sia andato storto. Basta pensare alla figuraccia mondiale sul Pos con il governo che, messo alle corde dall’Ue e deriso dal Movimento 5 Stelle, è stato costretto a rimangiarsi la norma sullo stop alle sanzioni per gli esercenti che si rifiutano di accettare pagamenti elettronici per cifre inferiori ai 60 euro.

E da Vespa la Meloni non potrebbe neanche raccontare di aver tenuto fede al fatto che con il suo governo per l’Unione europea “è finita la pacchia”. Ciò è evidente dal fatto che il sovranismo in salsa italica, strombazzato nelle piazze, viene meno non appena il premier esce dai confini nazionali. E a riprova di quanto sia stato annacquato questo slogan, c’è proprio la constatazione che appena l’Ue ha contestato qualcosa al Governo, poi quest’ultimo è corso ai ripari come accaduto con le pensioni.

Sovranismo che ha perso di senso anche alla luce del fatto che la Meloni è andata pubblicamente in brodo di giuggiole parlando del bollino verde ricevuto da Bruxelles sulla legge di Bilancio, segno di quanto siamo dipendenti dall’Ue. E non avrebbe neanche potuto sbandierare chissà quale vittoria sui migranti visto che permangono le divisioni con i Paesi membri, oppure sul price cap del gas che è stato fissato a un valore ben più alto di quello che lei stessa chiedeva.

Tanto meno avrebbe potuto esultare in materia di sicurezza dove si è consumato il pasticciaccio del decreto Rave. Insomma una serie di buchi nell’acqua difficilmente spiegabili al proprio elettorato che si aspettava ben altro e a cui spera di poter dare in pasto almeno l’approvazione della manovra.

 

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