La Popolare di Bari non farà la fine di Banca Etruria. Ma Bankitalia ora deve cambiare. Parla il senatore pugliese M5S, Iunio Valerio Romano: “Risparmiatori in sicurezza senza svendere l’istituto”

“Due interventi sideralmente distanti”. Ecco perché non si può neanche avvicinare l’intervento del Governo sulla Popolare di Bari rispetto a quanto fatto (o, meglio, non fatto) dal Governo Renzi su Banca Etruria. Ne è certo il senatore M5S Iunio Valerio Romano che ben conosce la questione BpB essendo pugliese. “Banca Etruria, come le altre banche dell’Italia centrale, venne sottoposta – dice il pentastellato – a risoluzione, cioè all’applicazione della direttiva sul bail in che ha imposto un prezzo altissimo agli obbligazionisti”.

Invece con la Popolare di Bari?
In questa circostanza si delinea un intervento pubblico-privato: da una parte il Mediocredito Centrale, dall’altra il Fondo interbancario alimentato dalle banche. Il presidio pubblico garantirà che alla fine del rilancio la banca non sia regalata a 1 euro, come è successo nel caso delle Popolari venete e nel caso delle banche dell’Italia centrale.

Renzi ha detto: “Su Etruria non ci mettemmo una lira di soldi pubblici, qui invece ci sono 900 milioni”. Perché non è solo un salvataggio come dicono da Italia Viva?
Non voglio polemizzare, anche per rispetto alla memoria di Luigino D’Angelo, il correntista di Banca Etruria suicidatosi dopo aver perso i risparmi di una vita. Con l’intervento del Governo mettiamo in sicurezza correntisti e risparmiatori. Ripeto, senza regalare a prezzi di saldo la banca.

Il ministro Patuanelli è stato duro su Bankitalia: crede che ci siano stati dei buchi nella vigilanza?
Se la stessa Banca d’Italia dice che addirittura nel 2010 lanciò l’allarme, vietando politiche espansive alla Popolare di Bari, forse bisogna spiegare perché la stessa vigilanza qualche anno dopo caldeggiò l’acquisto della disastrata Tercas. Ma è solo uno degli aspetti da chiarire, e Bankitalia non può certo chiamarsi fuori dal chiarimento.

Il Movimento in passato ha anche proposto di cambiare la governance di Bankitalia: è una proposta ancora in piedi?
Certamente, perché quella proposta puntava e punta non certo a criminalizzare Bankitalia, ma solo ad adeguare alcuni aspetti di governance e di struttura alle migliore pratiche delle altre banche centrali europee. Nessun può avere paura di una vigilanza più aggiornata e performante.

Avete criticato duramente la scelta di Antonio Blandini commissario BpB, già indicato in passato sempre da Bankitalia come membro del comitato di sorveglianza nel commissariamento di Tercas poi acquisita da BpB. Un caso di conflitto d’interessi?
Beh, una scelta che come minimo presenta un caso di opportunità grosso come una casa. Diciamo che con questa nomina non si comincia con il piede giusto. Ma c’è tempo per recuperare.

Il senatore Lannutti ha fatto un passo indietro sulla presidenza della Commissione Banche. Chi pensa debba essere nominato ora? E soprattutto quali saranno i tempi?
Il gesto di Elio Lannutti dimostra grande senso di responsabilità. E ora toglie qualsiasi alibi a quelle forze politiche, e ce ne sono, che hanno una gran paura del lavoro della Commissione. Nel MoVimento, anche all’esito della votazione interna che portò all’indicazione di Lannutti, ci sono profili molto competenti. Non mi interessa il nome quanto il dato inequivocabile: da oggi, grazie al passo di lato di Elio, non ci sono più pretesti dietro i quali nascondersi per far partire la Commissione d’inchiesta.