Un punto a favore della sindaca di Roma, Virginia Raggi, che arriva proprio a ridosso del suo poco lusinghiero (penultimo posto) piazzamento nella classifica dei sindaci più amati d’Italia. Ma un respiro di sollievo per l’intero Movimento Cinque Stelle, vertici in testa, ancora ammaccati dopo la figuraccia rimediata da Grillo in Europa con il passo falso del passaggio dall’Ukip all’Alde (piano poi miseramente fallito). Il Tribunale civile di Roma, infatti, ieri, ha rigettato l’esposto sul contratto firmato dalla prima cittadina e dai consiglieri pentastellati (ma valido pure per gli assessori) con Beppe Grillo e Gian Roberto Casallegio e sulla possibile ineleggibilità della sindaca proprio in virtù di questo contratto.
Il ricorso – A presentare il ricorso era stato l’avvocato Venerando Monello (che nel dispositivo di rigetto dell’istanza, tra l’altro, per errore è stato ribattezzato Monello Vagabondo) per conto della dem Monica Cirinnà, con l’obiettivo di poter appunto “accertare e dichiarare l’ineleggibilità della sindaca e dichiarare la nullità del contratto firmato”. In sostanza il legale sosteneva che attraverso l’accordo siglato con il Movimento, “la Raggi rinuncia ad esercitare le funzioni di pubblico ufficiale e di rappresentante eletto dal popolo a vantaggio di una società di capitale” violando così la legge 17/1982 sulle associazioni segrete e il regolamento dell’assemblea capitolina. Peccato però che non sia l’esposto lo strumento giuridico giusto con cui chiedere la nullità di tale contratto. Sarebbe proprio questa, quindi, una delle ragioni per cui il Tribunale ha respinto l’atto. Oltre al fatto che lo stesso ricorrente non era legittimato ad agire. Per ora quindi il Movimento può cantare vittoria.
Vincoli – Mentre i dem ne escono male, infatti, i Cinque stelle, almeno fino a quando il Pd non deciderà di ritentare la strada dei ricorsi, possono festeggiare un vincolo di mandato realizzato in casa. A cominciare da Roberta Lombardi, principale sponsor del contratto e fino agli altri big M5s. Il manuale di obbedienza, perché in fondo di questo si tratta tra vincoli e penali, è salvo. Dall’impegno di dimettersi in caso di inadempienze rispetto alle regole di comportamento o rispetto all’impegno assunto al momento della presentazione della candidatura nei confronti degli iscritti al Movimento Cinque Stelle, fino alla sanzione di 150mila euro per le violazioni del Codice etico, i giudici hanno deciso di lasciare le cose come stanno. Si tratterebbe senza dubbio di un precedente notevole se la bocciatura del ricorso fosse nella sostanza e non solo per errori di forma. Significherebbe in pratica che Grillo alla fine con un semplice contratto ha trovato il modo di realizzare uno dei capisaldi alla base del Movimento stesso. Vale a dire quel vincolo di mandato che però in Parlamento è incostituzionale. Dell’assenza di tale vincolo, tra l’altro, godono non solo i parlamentari nazionali e gli europarlamentari ma anche sindaci e consiglieri.
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