La rivincita dei colossi di Stato. Più competitivi e generosi. L’industria pubblica paga le cedole più ricche. Privati fuori dalla top 10 europea per fatturato

In vista delle semestrali, che per le stime degli analisti dovrebbero essere in crescita rispettoall’anno scorso, il tradizionale annuario R&S di Mediobanca, giunto alla 44esima edizione, fa il punto sullo stato di salute dei grandi gruppi industriali italiani a controllo pubblico e privato, scoprendo che i primi stanno aumentando la loro competitività su quelli privati, e comunque restano di gran lunga più generosi quanto a distribuzione dei dividendi. Nel periodo 2014-2018 le cedole hanno raggiunto infatti quota 57 miliardi con Eni (16,3 miliardi) ed Enel (13,7) a fare la parte del leone.

IL MEF RINGRAZIA. La fetta maggiore è andata allo Stato italiano che ha incassato 11,2 miliardi, oltre il doppio di quanto riscosso dalle famiglie che controllano i gruppi privati (4,7 miliardi). La manifattura privata si distingue invece per solidità (capitale netto tangibile 2,1 volte i debiti finanziari, 0,7 per i gruppi pubblici) e investimenti (8,2% nel 2018, 4,4% per la manifattura pubblica). La classifica per solidità finanziaria è dominata da Salvatore Ferragamo, DiaSorin e Moncler mentre quella degli investimenti da Moncler, Salvatore Ferragamo, Ima e Brembo. In generale gli investimenti sono calati dello 0,5% rispetto al 2014. Continua invece il trend a varare programmi di buy-back.

Nel 2018 i grandi gruppi hanno investito in azioni proprie otto volte in più rispetto al 2014; rapportata agli investimenti materiali, tale spesa aumenta dallo 0,3% nel 2014 al 2,1% nel 2018. Cresce, inoltre, l’utilizzo delle azioni a voto maggiorato che consentono di esercitare un diritto di controllo superiore al capitale posseduto. In ogni caso nella top 10 europea per fatturato non compare alcun gruppo italiano. A dominare sono i gruppi tedeschi che fatturano poco meno della metà del Pil italiano, con le 4 prime aziende tedesche (Volkswagen, Daimler, Bmw e Siemens) che da sole valgono più dei primi 10 big italiani. Da rilevare che la manifattura italiana determina solo il 5,5% del fatturato cumulato europeo (contro il 55,8% della Germania) e il 4,6% del rispettivo Pil nazionale. Allargando lo sguardo al periodo 2014-2018, si osserva come la crescita dei ricavi dei big player italiani sia più blanda (+8%) rispetto ai britannici (+23,7%).

MENO CAPITALE. L’Italia è fanalino di coda anche in quanto a utili: suoi solo 3 dei 493 miliardi generati complessivamente in cinque anni. Qui la Germania segna 218 miliardi, seguita da Regno Unito (140 miliardi) e Francia (132). Nemmeno la Borsa premia i big player italiani la cui capitalizzazione ha subito un calo del -8,7% sul 2014, inferiore solo al -15,7% dei big tedeschi.