Lampedusa è un faro, governare i flussi di migranti si può. Nicolini è ottimista: “Gestiremo l’accoglienza”

Governare i flussi e rispettare i diritti umani. Può sembrare in contraddizione ma il modello Lampedusa ha dimostrato che si può fare. Parla il sindaco.

Governare i flussi e rispettare i diritti umani. Può sembrare in contraddizione ma il modello Lampedusa ha dimostrato negli ultimi anni che si può fare. E adesso che all’orizzonte si intravedono le prime avanguardie degli scafi in partenza dall’Africa con il favore della bella stagione, il sindaco dell’isola diventata terra promessa per migliaia di persone è serena. Giusi Nicolini ha sentito troppe volte l’odore della morte, diventato fortissimo quel 3 ottobre del 2013 quando 366 migranti non fecero in tempo a capire che il barcone su cui navigavano insieme alle loro speranze era invece la loro bara. La sua isola però non ha aggiunto muri a quello naturale del mare. E in Lampedusa molti hanno visto il soggetto ideale a cui consegnare il Nobel per la Pace. “Qui sono approdate le illusioni infrante nel fallimento delle primavere arabe, le fughe inevitabili dalle guerre ma anche da carestie, siccità e tutti gli altri effetti collaterali dei cambiamenti climatici”, spiega nel suo ufficio dove un mattone sulla scrivania sommersa di carte cita Italo Calvino: “Se alzi un muro, pensa a cosa lasci fuori”. Come il marinaio attende la direzione del vento, la Nicolini non sa quanti saranno quest’anno. “Se i flussi saranno gli stessi dell’anno scorso ce la facciamo a gestire l’accoglienza”, spiega col piglio di chi ha domato le tempeste.

Benservito ai populismi – Se però cambiassero le rotte, se gli accordi in Libia cedessero di schianto, se la tratta dei più derelitti tra gli esseri umani intensificasse il suo tragico business, allora la situazione potrebbe sfuggire di mano. “L’Europa non può mollare il presidio del Mediterraneo”, spiega fiduciosa. D’altro canto l’Italia la sua parte l’ha fatta. Solo la sistemazione del molo Favaloro, diventato attracco dei soccorsi e punto di smistamento degli immigrati, ha migliorato molto la fase più delicata dell’approdo. Gli stanziamenti pubblici, la generosità dei privati e l’umanità degli abitanti dell’isola hanno fatto il resto. “Oggi chi ha una casa a Calais è disperato. Se volesse venderla non gliela compra nessuno”, allarga le braccia la sindaca lasciando sottinteso che invece a Lampedusa le case hanno mercato. Il luogo è un’antologia di splendore, di natura, di luce e buoni sentimenti. Naturale che Salvini nella sua ultima visita abbia fatto un buco nell’acqua. Il clima che si respira nelle stradine che portano tutte sempre alla stessa inevitabile via Roma è positivo.Quasi dolce come i gelati di cui le pasticcerie stanno intensificando la produzione. Per i lampedusani l’estate vuol dire turismo, vacanze e ricchezza. “Anche sbarchi e invasione degli immigrati”, proviamo a osservare senza poter aggiungere altro.

L’immigrato su quest’isola in mezzo a miglia di mare aperto e null’altro non è un nemico. Non toglie lavoro, non è il facile argomento di partite elettorali, non fa paura. La Gran Bretagna lascia l’Europa mentre dovunque dilagano i partiti euroscettici, ma per la Nicolini che osserva questi movimenti dalla più lontana delle periferie, la risposta ai problemi è in più Europa e non in meno Europa. “Noi siamo una parte importante del patrimonio di valori e di cultura di questa Europa”, dice la sindaca. Aspettando l’estate e gli immigrati che inevitabilmente arriveranno sapendo che questi valori e questa cultura non ci lasciano scelta che tendergli la mano.