Un’alleanza per interrompere la “sequela quotidiana” di incidenti e morti sul lavoro, per “superare le differenze” e “perseguire obiettivi condivisi”. Il messaggio del capo dello Stato, Sergio Mattarella, riporta al centro del dibattito la questione della sicurezza sul lavoro. Tema su cui non arrivano progressi. Né, per ora, l’atteso decreto del ministero del Lavoro, che doveva approdare in Consiglio dei ministri entro fine settembre ma che ancora – tra le limature tecniche e la Manovra – non è arrivato. In occasione degli Stati generali della salute e della sicurezza sul lavoro, il presidente della Repubblica richiede “l’impegno congiunto di istituzioni, imprese, lavoratori e parti sociali”: “Non sono ammesse scorciatoie”, ammonisce Mattarella spiegando che la sicurezza sul lavoro deve guidare ogni scelta sul tema.
Il messaggio è che non bisogna “arrendersi di fronte a incidenti e decessi”. L’appello del capo dello Stato è condiviso da tutti, anche dalla ministra del Lavoro, Marina Calderone, che parla dell’importanza di “sinergia e concertazione”. Che il tema sia centrale anche per Calderone non c’è dubbio e lo dimostra quando parla dello Stato che dovrebbe “inchinarsi davanti al sacrificio” dei tre carabinieri morti per sgomberare una casa e davanti agli altri morti sul lavoro. Il punto è che lo Stato dovrebbe fare qualcosa in più che inchinarsi, agendo concretamente per prevenire gli infortuni. Per Calderone una soluzione è la patente a punti introdotta per l’edilizia, che non sembra però aver portato grandi benefici sul tema. Eppure la ministra assicura che la volontà è quella di allargarla ad altri settori, adottandola “su larga scala”.
Decreto per la sicurezza sul lavoro in ritardo, atteso in tempi brevi
Per affrontare la questione, però, serve altro e Calderone lo sa, tanto da assicurare che presto vedrà la luce il tanto atteso nuovo decreto sul tema. Che è però nettamente in ritardo, almeno rispetto agli annunci delle scorse settimane. La ministra aveva incontrato le parti sociali a inizio settembre e da allora è iniziato un percorso che avrebbe dovuto portare al varo in Consiglio dei ministri entro fine settembre. Non è andata così e l’intervento non è ancora arrivato. Secondo quanto si apprende, le ragioni principali del ritardo sono due: da una parte una serie di limature tecniche che stanno richiedendo più tempo del previsto e dall’altra la discussione sulla Manovra che ha fagocitato l’azione del governo nelle ultime settimane.
Il decreto, viene assicurato, c’è e le parti in causa sono fiduciose che possa arrivare a brevissimo. Mancherebbero solo alcuni dettagli da limare, soprattutto da un punto di vista tecnico, con l’obiettivo di arrivare a un testo quanto più condiviso dopo l’incontro e le successive interlocuzioni con le parti sociali. E proprio i sindacati continuano a chiedere un intervento urgente. Qualcosa di diverso dalla patente a crediti che, secondo il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha fallito.