Le destre buttano un’altra volta la palla in tribuna sul salario minimo

La maggioranza presenta l'emendamento che cancella il salario minimo e butta di nuovo la palla in tribuna affidando la delega al governo.

Le destre buttano un’altra volta la palla in tribuna sul salario minimo

È arrivata la proposta della maggioranza che, di fatto, metterà la parola fine sul testo delle opposizioni per il salario minimo. Ieri era stato il presidente della commissione Lavoro della Camera, Walter Rizzetto, ad annunciare che la maggioranza era al lavoro “a un emendamento” alla proposta che punta a introdurre un salario minimo a 9 euro l’ora.

Questa modifica verrà presentata “nelle prossime ore” e comunque “entro il termine” per la presentazione degli emendamenti, previsto per oggi. Le parole di Rizzetto sono state confermate anche da Tiziana Nisini, deputata della Lega e vicepresidente della commissione Lavoro: “Siamo convinti che non sia questo lo strumento giusto per risolvere un problema che si trascina da anni e ignorato dalle stesse opposizioni quando erano al governo”, dice riferendosi al salario minimo. E nella tarda mattinata è arrivata la proposta che, di fatto, butta la palla in tribuna affidando la delega al governo, cancellando ogni riferimento alla soglia minima retributiva.

La proposta della maggioranza sul salario minimo

La proposta è stata presentata oggi e, come spiega Rizzetto a margine degli Stati generali del lavoro organizzati da Fratelli d’Italia, punta “sul rafforzamento e l’estensione della contrattazione collettiva”, aiutando “coloro che andranno a rinnovare in modo serio i contratti”.

Secondo Rizzetto, inoltre, l’intervento della maggioranza “sarà messo in campo immediatamente”, arrivando “molto prima” delle opposizioni “a delle risposte”. In realtà, però, l’emendamento delega l’intervento al governo, a cui dà altri sei mesi.

Sul tema parla anche la ministra del Lavoro, Marina Calderone, fornendo qualche piccolo indizio ma non del tutto chiarificatore. Senza dubbio il governo è contrario “al salario minimo per legge”, come sottolinea la ministra. “Se siamo per la contrattazione – continua – non possiamo imporre per legge un numero che è un importo minimo di salario”. 

Bisogna, invece, individuare “una modalità con cui sostenere i rinnovi contrattuali o delle legittime misure di contrasto all’utilizzo improprio degli strumenti”. Serve, a suo giudizio, “un ragionamento molto più ampio”, perché il tema è quello del “salario dignitoso: fare un ragionamento su un’equa retribuzione è anche tener conto che nell’ambito della contrattazione collettiva il valore della restituzione in termini orari di un importo è data da tutta una serie di fattori”. 

Il testo dell’emendamento: delega affidata al governo

Il testo dell’emendamento presentato dalla maggioranza è centrato soprattutto sull’incentivazione della contrattazione collettiva e sul contrasto al dumping contrattuale. Si fa riferimento solamente al diritto di ogni lavoratore “a una retribuzione proporzionata e sufficiente” e non a una soglia minima. Per raggiungere l’obiettivo, secondo la maggioranza, bisogna rafforzare la contrattazione collettiva e stabilire “i criteri che riconoscano l’applicazione dei trattamenti economici complessivi minimi dei contratti collettivi nazionali maggiormente applicati”. 

Il governo, entro sei mesi, è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per intervenire in materia di retribuzione dei lavoratori e contrattazione collettiva, stando al testo. L’obiettivo è quello di assicurare ai lavoratori retribuzioni giuste ed eque, contrastando il lavoro sottopagato. A questo si aggiunge lo stimolo al rinnovo dei contratti collettivi e il contrasto al dumping contrattuale. Per ottenere questi traguardi il governo dovrà attenersi ad alcuni criteri. Il problema, però, è sempre lo stesso: si butta la palla in tribuna rimettendola in mano al governo per arrivare a un altro intervento nel giro di sei mesi. Peraltro senza alcuna indicazione concreta di cosa fare, eliminando ogni riferimento alla soglia dei 9 euro l’ora.