Le ferie non ci risvegliano dall’incubo crisi

Del Fatto Quotidiano

“È una disperazione, tristissimo. Le cose stanno addirittura peggiorando. Ci vuole qualcuno che inverta la rotta”. Ma chi? La risposta alla signora Maria, commerciante storica nel centro dello shopping romano, non ce l’ha nessuno. A causa della crisi, in tutte le città italiane, è un’ecatombe di bar, librerie, ristoranti, negozi di abbigliamento e di cosmetici. Tanto che oggi, 1° settembre, migliaia di esercizi commerciali non rialzeranno più le saracinesche dopo la chiusura estiva. “Vede – spiega a ilfattoquotidiano.it Maria, commerciante dallo spirito battagliero che negli ultimi anni si è dovuta scontare con una burocrazia sempre più insidiosa e una soffocante pressione fiscale – laggiù ci sono due negozi e un bar che hanno affisso sulla vetrina ‘chiuso per ferie’, ma so per certo che non riapriranno”.

I numeri ufficiali ancora non ci sono per confermare questa che è più di una sensazione e che si percepisce camminando per le vie del commercio lungo lo Stivale. Ma i dati previsionali di Confesercenti non lasciano dubbi. A luglio e agosto hanno cessato l’attività circa 5.463 imprese, contro appena l’apertura di appena 2.603. In altre parole: ogni 2 chiusure, c’è stata una sola apertura con la situazione più grave che si registra nelle regioni meridionali, dove si concentra quasi un terzo delle chiusure complessive. Ma le nuove attività sembrano, comunque, destinate ad avere una vita sempre più breve. Previsioni, che se dovessero essere confermate, confermerebbero un trend negativo da oltre un anno, in linea con quello registrato nell’estate del 2013, fino ad ora l’annus horribilis per il commercio al dettaglio.

Sempre secondo l’Associazione degli esercenti, a giugno 2014 oltre il 40% delle attività aperte nel 2010 (circa 27mila imprese) è già sparito, bruciando un capitale di investimenti di circa 2,7 miliardi di euro. E un’impresa su quattro dura addirittura meno di tre anni.

ROMA
Amara realtà, certificata sul campo, anche da un altro negoziante di via Cavour, arteria commerciale sempre nel cuore di Roma. “Dopo la pausa estiva – ci ha raccontato – resteranno chiusi un paio di locali che, comunque, espongono il cartello con le indicazioni delle ferie”. Quello che, infatti, non c’è scritto sui cartoncini (affissi obbligatoriamente per legge) è tutta un’altra storia ancora più mortificante. Chiudono imprese che hanno anche una lunga attività familiare alle spalle e che per pudore non riescono ad ammettere la propria sconfitta, schiacciati tra tasse, contributi all’Inps, l’apertura dei centri commerciali e il calo di clienti. L’ultimo colpo di coda per la dignità di un piccolo imprenditore – fabbrica o negozio che sia lo spirito italico è sempre lo stesso – che preferisce chiudere senza clamore, magari approfittando delle ferie. Così come conferma Confesercenti: “Solo a fine anno, con il mancato rinnovo della tessera all’associazione, scopriamo che un socio ha chiuso e che la sua attività è scomparsa.

PALERMO
“Sopravviviamo a stento, è un fallimento. Se non arriva un aiuto, siamo una barca che sta andando a fondo”, si confessa Roberto, titolare di un negozio a Palermo che sottolinea: “Anche sulla saracinesca della storica gioielleria Fiorentino è affisso un cartello con cui si comunica alla clientela che l’attività rimarrà chiusa per ferie dall’1 agosto al 15 settembre. Mi sembrano delle ferie eccessivamente lunghe per il momento economico che stiamo vivendo. Mi sembra più un escamotage per nascondere con pudore il fallimento”.

FIRENZE
E fra i commercianti in crisi, neanche i saldi estivi hanno aiutato. “I clienti entrano, guardano, chiedono il prezzo e vanno via. In passato c’era la fila fuori, quest’anno niente”. Anche a Firenze, passeggiando per le vie del centro storico sono tanti i cartelli “chiuso per ferie”. E un barista a 200 metri dal Duomo annuncia: “Chiudo tutto e me ne vado all’estero, non ce la faccio più”. Un altro ammette: “Ho tenuto alzata la saracinesca anche per tutto il mese di agosto. Era la prima volta che lo facevo, sperando di far quadrare i conti. Meglio sarebbe stato andare in vacanza”.

Andamento fotografata dall’Istat con le vendite al dettaglio ferme nel mese di giugno 2014 rispetto a maggio. E in discesa del 2,6% su base annua. Il bonus di 80 euro del governo Renzi non ha avuto effetti immediati sui consumi degli italiani.Intanto, per gli esercenti che da oggi riaprono i battenti la strada si fa in salita. “C’è la doppia batosta Tari/Tasi da pagare e le consuete tasse che vanno saldate a settembre dopo la pausa estiva”, spiega Mauro Bussoni, segretario generale Confesercenti. “Come se non bastasse, sui piccoli commercianti si è abbattuta dal 2012 anche la liberalizzazione delle aperture del commercio. Introdotta dal Salva-Italia con lo scopo di rilanciare consumi e occupazione, è stata un vero flop: i previsti effetti benefici sono tuttora ‘non pervenuti’ e il settore ha perso tra il 2012 e il 2013 oltre 100mila posti di lavoro tra imprenditori e dipendenti, registrando allo stesso tempo 28,5 miliardi di minori consumi di beni da parte delle famiglie”.

di Annalisa Ausilio, Simone Bauducco, Silvia Bellotti, Max Brod, Patrizia De Rubertis, Giuseppe Pipitone