Le mani sulla città

Di Carola Olmi

Lo Stato ci uccide, la camorra ci protegge. Il giorno del dolore è anche quello della presa di coscienza di una tragica realtà. A Napoli come nelle periferie di molte altre città, degradate e occupate militarmente dalla criminalità organizzata. Lo Stato, di cui le forze dell’ordine sono spesso l’unico segno di presenza, è ormai un nemico. Neppure il peggiore, perchè più della polizia fanno paura le diverse bande in perenne conflitto tra loro. Così queste città nelle città sono diventate come stati autonomi nello Stato. La legge non è quella degli sbirri, ma quella dell’illegalità. Anche le pene, d’altronde, sono molto diverse. Se ti arrestano vai in galera, esci e magari ci ritorni. Se ti condanna un clan avversario finisci con una pallottola in testa. Qui l’appello non è previsto.

Resa collettiva
In questo contesto la tragica morte di ieri a Traiano è uno degli episodi più tristi di una resa della collettività di fronte al potere delle cosche e all’avanzata di una cultura criminale. Rapinare, scippare, truffare sono considerati con assoluta indulgenza piccoli reati. Persino sull’omicidio c’è comprensione. Se le leggi dello stato criminale lo prevedono, si può fare. Per questo lo Stato, quello vero, in certe periferie di Napoli come di Palermo, di Roma come di Catania, si è arreso. Formalmente il territorio è presidiato, ma in realtà possono passare mesi senza che una sola auto della polizia si veda in giro. Nelle zone più critiche comunque non si entra più quando scende il buio della sera. A meno di andare in forze, magari in una di quelle poche operazioni cinematografiche fatte ad uso e consumo delle tv.

La legge dei clan
Così lo stato che conta è quello che invece continua a presidiare sul serio le strade. Con le sue regole di morte. E la sua cultura per cui violare le leggi della Repubblica non è peccato, denunciare alla Questura è da infami, e farsi gli affari propri è sempre la miglior soluzione. Il terreno ideale perchè questo clima di omertà e malaffare si propaghi all’infinito. Il nuovo stato non accetta interferenze. Meno che mai dallo Stato, quello vero.