di Filippo Conti
Tra Umberto Bossi e Flavio Tosi volano gli stracci. Da mesi. Ma dopo gli ultimi insulti registrati nel week end, ora il sindaco di Verona vuole togliere a Bossi la carica di Presidente del partito. La richiesta arriva dal segretario leghista di Feltre, Sandro D’Incau, ma dietro c’è la manina del sindaco di Verona. L’assemblea dei leghisti veneti di ieri a Vicenza, infatti, ha votato in favore dell’abolizione del primo e del quinto comma dell’articolo 14 dello Statuto del partito che, de facto, affidano la carica di presidente a vita “al socio ordinario Umberto Bossi”. Secondo gli uomini vicini al sindaco di Verona, Bossi “come presidente ha troppo potere”. Inoltre “il Senatur negli ultimi tempi si è espresso troppe volte contro il segretario federale e questo non è più tollerabile”, spiega il segretario provinciale veronese Paolo Paternoster, considerato uno dei fedelissimi di Tosi. Bossi ha infatti sparato diverse bordate contro Tosi e Maroni: “Bobo sta rovinando la Lega. Per questo ho deciso di candidarmi al congresso. Mi riprendo il partito”, ha annunciato un paio di settimane fa. Poi si è scagliato contro il sindaco, con cui è in atto un derby che dura da un paio d’anni: “Sta sfasciando la Lega in Veneto, caccia tutti i suoi oppositori. Gioca su più tavoli, vuole portarci al fallimento”. Nel weekend il Senatur l’ha buttata decisamente sul pecoreccio: “Non so se gli piacciono le donne…” ha detto rivolto a Tosi. A patto che sia vero (e non sembra esserlo), trattasi di argomento davvero poco spendibile politicamente. Stufo degli insulti di Bossi, Tosi ha così deciso di passare alle vie di fatto. Chiedendo la cacciata del Senatur. Col benestare di Maroni, che ha dato il via libera. Anche Bobo, infatti, non ne può più del vecchio leader e delle sue invettive. Non tanto per il seguito (esiguo) che hanno ma perché danno all’esterno un’immagine lacerata del movimento. E visto che i sondaggi del Carroccio non sono entusiasmanti (poco più del 3 per cento), ogni piccola crepa rischia di tramutarsi in una voragine. Bossi, però, non si farà defenestrare facilmente.
L’ultima parola sullo statuto passa dal voto del consiglio federale. Ma se l’operazione di Tosi dovesse riuscire, al prossimo congresso Maroni avrà l’opportunità di far eleggere due suoi fedelissimi alla guida del partito, uno alla segreteria (Matteo Salvini) e l’altro alla presidenza (forse lo stesso Tosi).