A Lega e FdI la poltrona piace pure se è giallorossa. Il sindaco di Sinistra di Latina non ha i numeri per governare ma i sovranisti lo salvano per non rivotare

Il sindaco di Sinistra di Latina non ha i numeri per governare ma i sovranisti lo salvano per non rivotare.

A Lega e FdI la poltrona piace pure se è giallorossa. Il sindaco di Sinistra di Latina non ha i numeri per governare ma i sovranisti lo salvano per non rivotare

Cosa non si fa per uno strapuntino. Sono passati dieci giorni da quando i big del centrodestra, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, arringavano la folla in piazza del Popolo, nel capoluogo pontino, invitando gli elettori a votare al ballottaggio per il loro candidato sindaco Vincenzo Zaccheo. “Basta con questa Virginia Raggi di Latina”, diceva la leader di Fratelli d’Italia riferendosi intono dispregiativo tanto alla ex sindaca di Roma quanto al primo cittadino uscente di Latina, Damiano Coletta (nella foto), che per poco era riuscito ad arrivare al secondo turno. Sentivano la vittoria in tasca.

Latina per le destre è una città simbolo, fondata dal duce e a lungo laboratorio di quella che era la Casa delle libertà. Il civico Coletta veniva dipinto come il male assoluto. Ma ecco che, perso pure nel capoluogo pontino il ballottaggio, e con lo stesso Coletta rieletto sindaco, le stesse destre si sono ora sedute al tavolo delle trattative, pronte a sostenere la giunta di centrosinistra e a non far zoppicare troppo l’anatra. La maggioranza del consiglio comunale pontino è del centrodestra ma, con la scusa della responsabilità e di voler evitare alla città un altro commissariamento, FdI, Lega & C., con Forza Italia in testa, sembrano pronti a garantire la governabilità. A Latina per le destre la campagna elettorale è iniziata male ed è finita peggio.

La prima uscita pubblica di Salvini nel capoluogo pontino è coincisa con lo scivolone di Claudio Durigon, che gli è costato il posto da sottosegretario, sostenendo che la priorità per il futuro sindaco del centrodestra sarebbe stata quella di cancellare dal parco pubblico i nomi dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e di intitolare nuovamente quell’area al fratello del duce, Arnaldo Mussolini (leggi l’articolo). E nelle settimane successive le cose non sono andate molto meglio.

La Meloni non ha fatto quasi in tempo a salire sullo stesso palco di Durigon in località Capoportiere che il giorno dopo è emerso che il suo capogruppo in consiglio comunale, che era stato prontamente ricandidato, Andrea Marchiella, era un pregiudicato, condannato in via definitiva per reati societari. Ma il peggio è arrivato al primo turno col voto disgiunto e col risultato che le destre sono maggioranza in consiglio comunale ma hanno costretto Zaccheo al ballottaggio, non essendo andato oltre il 48,5% dei consensi.

E al secondo turno Coletta, quello che la Meloni definiva la “Virginia Raggi di Latina”, ha ottenuto la riconferma. Dati i toni, c’era da immaginarsi che il centrodestra mai avrebbe appoggiato un sindaco così criticato e che mancando lo stesso dei numeri in consiglio si andasse verso la sfiducia e nuove elezioni. Come il Governo Draghi insegna, però, basta pure uno strapuntino o l’ombra di un minimo di potere che le larghe intese diventano presto digeribilissime alle destre.

Sono iniziate infatti le consultazioni, ne sono state preannunciate altre, ma a quanto pare Coletta e il centrosinistra, tra sovranisti e azzurri, possono dormire sonni tranquilli. Nessun rischio di commissari in arrivo. Il centrodestra ha fatto già sapere che “occorre dismettere una retorica manichea che ha inteso dividere il mondo in buoni e cattivi, onesti e disonesti”. Niente più “Virginia Raggi di Latina” insomma. I fondi del Pnrr sono in arrivo anche nel capoluogo pontino e alle destre fanno allargare le intese.