Letta scopre il salario minimo. Ma è stato il suo Pd a fermare tutto. I dem hanno presentato due proposte antitetiche. Così si è insabbiata la norma imbastita dal M5S

Dopo anni di battaglie del M5S per introdurre anche in Italia il salario minimo, ora il segretario dem Enrico Letta ne scopre l’urgenza.

Letta scopre il salario minimo. Ma è stato il suo Pd a fermare tutto. I dem hanno presentato due proposte antitetiche. Così si è insabbiata la norma imbastita dal M5S

È uno dei cavalli di battaglia storici del M5S (leggi l’articolo). Qualche giorno fa è tornato a invocarlo il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico (leggi l’articolo), e quotidianamente il leader dei pentastellati, Giuseppe Conte, spinge per la sua introduzione. Ora ne riconosce l’importanza anche il segretario del Pd. Parliamo del salario minimo. “è tempo di aprire la discussione in Italia sul tema del salario minimo, è quanto già avviene in tutta Europa”, dice Enrico Letta nel corso della convention di tre giorni organizzata dalla Cgil a Bologna. Che ha registrato anche gli interventi sullo stesso tema di Conte e del ministro del Lavoro, Andrea Orlando.

La verità è che la discussione l’ha aperta in Italia già da tempo il M5S. “è dal 2013 che il Movimento propone di istituire anche in Italia il salario minimo, già presente in 21 Stati membri dell’Ue su 27”, dice la deputata pentastellata, Enrica Segneri. Già nel 2013, infatti, nel primo disegno di legge sul Reddito di cittadinanza compariva il salario minimo. Il primo ddl poi sulla soglia minima di retribuzione non inferiore a 9 euro l’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali – prima firmataria la pentastellata ed ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo – è stato presentato il 2 luglio del 2019 e una sua versione aggiornata risale al 14 maggio di quest’anno.

Ma se il M5S compatto ha sempre sostenuto la necessità di paghe dignitose molto più magmatica è la situazione all’interno del Pd. Tra i dem le due anime, quella della sinistra iper laburista e quella della destra iper liberista, hanno finito, per ragioni opposte, per convergere col risultato finale di dirottare su un binario morto la questione del salario minimo. Da una parte, infatti, l’anima di sinistra legata ai sindacati, restii a sottrarre il tema salariale alla contrattazione tra loro e le imprese, ha remato contro il salario minimo. Dall’altra ha fatto lo stesso la destra del Pd e nell’ottica della contrapposizione con i Cinque stelle e per la volontà di lasciare l’ultima parola sui salari al mercato.

Una confusione che peraltro si è riversata a livello parlamentare con la presentazione di due proposte di legge che si collocano ai poli opposti. Su un fronte c’è il senatore dem Mauro Laus che, in un ddl datato maggio 2018, ha proposto “un salario minimo di 9 euro orari, al netto di contributi previdenziali e assistenziali, nei settori non regolati da accordi tra datori di lavoro e organizzazioni sindacali”, andando dunque addirittura oltre la proposta della Catalfo. Dall’altra il collega Tommaso Nannicini che, a marzo 2019, depositava un ddl in cui il salario è talmente minimo da non comparire, ovvero non viene fissata alcuna soglia minima di retribuzione.

Importi e modalità di erogazione del salario minimo vengono affidati, invece, alla “Commissione paritetica per la rappresentanza e la contrattazione collettiva”, istituita presso il Cnel. Una confusione che pare, in ultimo, riflettersi nelle parole del ministro dem Orlando: “Credo che il salario minimo serva perché la contrattazione da sola non basta più ma la contrattazione va integrata con lo strumento della rappresentanza. Perché il rischio è che passa il salario minimo e contemporaneamente si sfascia il sistema della contrattazione”.

Non è un caso che Nicola Oddati e Marco Furfaro, della direzione nazionale del Pd, affermano in una nota: “Quando nei mesi scorsi abbiamo proposto pubblicamente una campagna sull’introduzione del salario minimo in Italia, non pochi anche nel Pd ci hanno criticati. Ascoltiamo con grande piacere, dunque le parole di Letta e Conte. Il salario minimo deve diventare un impegno di tutto il fronte progressista”. “Il salario minimo – ha detto l’ex premier – è una battaglia su cui il M5S è convinto, il lavoro povero riguarda oltre 4 milioni di lavoratori e non favorisce la qualità della vita.

Il calo demografico si contrasta investendo sui nidi e sui servizi ma anche con il salario minimo”. Conclude la Segneri: “In questi anni, davanti a noi abbiamo trovato un muro di gomma, con resistenze trasversali. Se adesso qualcuno ha cambiato idea non possiamo che esserne felici ma lo attendiamo alla prova dei fatti. A questo punto, si acceleri subito la discussione della nostra proposta a firma Catalfo depositata al Senato e si giunga quanto prima alla sua approvazione”.