L’Europa attende i piani di Tsipras mentre Atene muore. Adesso la Grexit si fa sempre più vicina

Ogni giorno ha la sua pena nella crisi greca. Ed è arrivato l’ennesimo colpo di scena quotidiano: il premier greco Alexis Tsipras si è presentato a Bruxelles a mani vuote. Nessun piano di salvataggio, nessuna offerta ai creditori con la quale argomentare la nuova richiesta di aiuti internazionali. La prova del nove per chi accusa il governo greco di dilettantismo, di poca serietà e di improvvisazione. Tsipras in realtà ha chiesto altro tempo. Da una parte, limitandosi però a un impegno verbale, ha ribadito la volontà di trovare un accordo sul debito. Dall’altra, invece, ha subito chiesto nuovi aiuti al Fondo salva Stati. Almeno 7 miliardi di liquidità che servono al Paese per tirare avanti qualche giorno. Si naviga a vista, insomma, e questo non poteva che scatenare i falchi sempre più impazienti di sbarazzarsi di Atene.

Al termine dell’Eurogruppo, a cui è seguito un vertice Ue, il presidente Jeroen Dijsselbloem ha fatto sapere che i greci manderanno una richiesta di aiuti Esm entro domani, e un nuovo Eurogruppo telefonico la valuterà, insieme a una lista di riforme, anche questa però ancora da comunicare. Le aspettative però sono basse. Il referendum con il No sbattuto in faccia all’Europa non dispone favorevolmente i Paesi che dovranno decidere sulla concessione dei nuovi aiuti. E l’attivazione dell’European stability mechanism (Esm) con i suoi fondi da utilizzare per sostenere i Paesi in difficoltà, non è affatto scontato. “Prima il governo greco deve dire come si vuole districare da questa situazione”, aveva sottolineato il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker. Una richiesta di “proposte concrete” che però i greci non hanno ancora. E d’altra parte la coperta è estremamente corta e Tsipras vuole monetizzare il mandato elettorale appena ottenuto col referendum. Le intenzioni sono note: la Grecia punta a una sostanziosa remissione del debito e a un piano di riforme sostenibile, che escluda nuove misure recessive. L’Europa da parte sua pretende di giocare la partita sul campo che conosce meglio, quello dei tecnocrati. Bando dunque prima di ogni cosa alle pressioni politiche o, peggio, populiste. Il presidente delle Commissione Ue su questo è stato netto: d’accordo a lottare “per evitare la Grexit fino alla fine ma non è ammissibile per la Commissione essere chiamati terroristi”, ha detto ribattendo ai toni usati dal ministro ellenico dimissionario, Yanis Varoufakis.

Ministro che Tsipras ha convinto a fare un passo indietro, offrendo già in questo un programma di quello che la Grecia vuol fare per restare in Europa. Troppo poco? Per Angela Merkel, è pochissimo. “Abbiamo pochi giorni a disposizione, ma senza le necessarie riforme è impossibile prendere le necessarie iniziative”, ha detto la cancelliera tedesca. Per ora però dei 7 miliardi urgentissimi neppure se ne parla. Un no che non ha bisogno di essere pronunciato dai tedeschi perché ha già tanti altri Stati indisponibili. Come la Lettonia, con il suo governatore della Banca centrale e consigliere della Bce, Ilmars Rimsevics, secondo cui non c’è altra “possibile soluzione che non una lenta uscita della Grecia dall’Euro”. Contrario a un prestito ponte anche il ministro italiano, Pier Carlo Padoan.