L’ex Cavaliere bussa a Napolitano

di Tommaso Labate per Il Corriere della Sera

«Ho bisogno dell’agibilità politica perché sono l’unico che può garantire la tenuta di Forza Italia sulle riforme. Perché senza di me…». Lo sfogo affidato ai pochissimi che l’hanno sentito dopo l’incontro col capo dello Stato racconta di un Silvio Berlusconi molto più che allarmato. Di un leader che ha messo sul piatto della bilancia «l’essere l’unico garante possibile» di un accordo sulla fine del bicameralismo. Mentre sull’altro, di piatto, c’è lo scenario peggiore. Gli arresti domiciliari, una famiglia spaccata sulla successione (ieri Barbara non ha smentito un suo ingresso in politica, irritando sempre più Marina e Pier Silvio), un partito ormai balcanizzato. Uno scenario che, è il senso del messaggio berlusconiano, può produrre i suoi effetti collaterali anche sulle riforme.

Un dubbio e una certezza

Lo sfogo è indice di un incontro che, ovviamente, non sarebbe andato secondo i desiderata dell’ormai ex Cavaliere. L’epilogo di una trattativa riservata che inizia domenica. «Io non sono mica d’accordo con quello che sta dicendo Pietro Grasso. La sua è una posizione conservatrice mentre noi dobbiamo essere a favore delle riforme…», dice l’ex premier ascoltando in tv i distinguo che il presidente del Senato ha opposto a Matteo Renzi.
Ha un dubbio e una certezza. Il dubbio riguarda la posizione del Quirinale: «Ma c’è Napolitano o no dietro l’altolà di Grasso?». La certezza invece riguarda la sua, di posizione: «Io sono d’accordo con l’abolizione del bicameralismo a patto che l’Italicum, come da accordi, venga prima approvato dal Senato. Però, l’unica cosa che non voglio è creare un cortocircuito col Colle. Soprattutto in questo momento…».

Partita delicata

Lo capisce da solo, Berlusconi, che questa è una partita delicata. Che non riguarda soltanto le riforme. Ma che è intrecciata col destino di un uomo che, a ragione o a torto, considera il suo grado di «statista percepito» strettamente connesso alla sua «salvezza» personale. Derivano da questo l’isolamento delle posizioni dei «falchi» nel partito, l’archiviazione di qualsiasi critica all’indirizzo del Colle (che prima dentro Forza Italia era pane quotidiano) e anche i boatos su una famiglia che starebbe riflettendo sull’ipotesi di chiedere la grazia. E soprattutto deriva da questo la richiesta di un incontro che l’ex premier ha già chiesto al Colle con la scusa di offrire «informazioni riservate» sull’Ucraina che arriverebbero direttamente dal Cremlino, e quindi dall’«amico Putin».
Ha una cosa possibile da dare, Berlusconi, e cioè il disco verde sia alle riforme istituzionali che all’Italicum (oltre all’«intermediazione» con Putin). E una cosa impossibile da chiedere in cambio, e cioè quello che volgarmente viene chiamato «salvacondotto». Ed è con questo spirito che si avventura in una partita giocata di sponda insieme a Gianni Letta e tenendo un canale aperto con Matteo Renzi.

«Senza di me rischia di saltare tutto»

Lunedì i dubbi svaniscono. Palazzo Chigi avverte i forzisti che la richiesta di riportare l’Italicum davanti al treno delle riforme sarà accolta. E soprattutto il Quirinale chiarisce che Renzi – a differenza di Grasso – ha tutte le «coperture» del caso. E così l’ex premier, tramite Gianni Letta, torna alla carica per ottenere il faccia a faccia con Napolitano. Lo stesso poi andato in scena ieri.
A Napolitano dà la sua parola sull’«impegno di Forza Italia per le riforme», Berlusconi. E a Napolitano confida la sua preoccupazione in vista del 10 aprile. «Sono l’unico che può garantire per Forza Italia». E ancora: «Ho paura che mi diano i domiciliari, che mi tolgano l’agibilità politica». E infine quella profezia: «Senza di me, rischia di saltare tutto». Dove in quel tutto c’è un Sansone – Berlusconi stesso – che perde la libertà personale. E i Filistei – e cioè il governo e il Colle – che rischiano di rimetterci le riforme.