L’ex numero 2 del Tesoro all’attacco. Lorenzo Codogno, che oggi lavora a Londra, si scatena. Bordate a Renzi e Padoan su appalti, banche e vigilanza

L’ex numero 2 del Tesoro all’attacco. Lorenzo Codogno, che oggi lavora a Londra, si scatena. Bordate a Renzi e Padoan su appalti, banche e vigilanza

Spara bordate da più di un anno contro il Governo e il ministero del Tesoro. Spesso prova ad avvolgerle in toni felpati. Ma la sostanza è che su regole, vigilanza, politica economica, salvataggi bancari, e da ultimo anche sul codice degli appalti, le sue critiche al “sistema” Italia sono sempre molto aspre. Il tutto sta dando parecchio fastidio a via XX Settembre, anche perché le fonte dei questi strali un po’ avvelenati è nientemeno che l’ex numero due del Dipartimento del Tesoro. Parliamo di Lorenzo Codogno, oggi docente alla London School of Economics e consulente attraverso la società inglese Lc Macro Advisors, ma soprattutto capo della Direzione analisi economiche del Tesoro dal 2006 al 2015.

LA SERIE
Riassumere tutte le critiche avanzate da Codogno nei confronti del Governo sarebbe davvero complicato, data la loro quantità ed eterogeneità. L’ultima in ordine di tempo è stata mossa l’altro ieri in un’intervista a La Repubblica, peraltro mettendo nel mirino il codice degli appalti, quello che dovrebbe essere uno dei fiori all’occhiello del Governo. Per Codogno l’introduzione delle nuove norme “ha creato un’infinità di incertezze e un quasi blocco della gare”, senza contare che il medesimo codice “ha bisogno di una serie di decreti di attuazione che procedono a rilento”. La conclusione è che la nuova impalcatura rischia di rallentare il Pil. Qualche settimana fa, per la precisione il 31 luglio scorso in un’intervista su Qn, l’economista se l’è invece presa con il piano di rilancio di Mps, quello che poggia su cartolarizzazione dei crediti deteriorati e aumento di capitale da 5 miliardi. Sulla carta “il piano è positivo”, ha concesso sul punto Codogno, “ma sarà dura” perché “si tratta di un’operazione a rischio” che “difficilmente desterà l’interesse dei risparmiatori”. Al punto che “l’aumento dovrà essere collocato agli investitori professionali. Il rischio è che una parte consistente non sottoscritta rimanga in mano al consorzio”. Qualche mese prima, il 2 febbraio 2016, era stata la volta di un articolo sul Sole24Ore dal titolo “Ripensare le regole e la vigilanza per sciogliere i nodi delle banche”. Insomma, un bel corredo di questioni.

IL NODO
Ma come mai, a ogni piè sospinto, quello che può essere considerato l’ex numero due del Tesoro si mette a stroncare le iniziative di Matteo Renzi e del ministro dell’economia Pier Carlo Padoan? In ultima analisi le iniziativa del suo ex Governo? E soprattutto perché queste sonore bacchettate arrivano adesso che Codogno si trova in una sorta di “buen retiro” inglese? Giova infatti ripetere che da qualche tempo l’economista, che prima di arrivare al Tesoro aveva lavorato per 11 anni in Bank of America, fa il consulente all’interno di una società inglese che si chiama Lc Macro Advisors Limited. Ma soprattutto di Codogno sono destinate a rimanere impresse alcune considerazioni intercettate in un servizio de La Gabbia, trasmesso su La7 nel 2013. Parlando di possibili privatizzazioni l’economista spiegava che “le vere risorse sono le utilities a livello locale”. Lì “sono i veri miliardi”, continuava, anche se “il problema è che non sono nostre ma di Comuni e Regioni”. E allora, concludeva l’economista, “bisogna cambiare il titolo V della Costituzione ed espropriare Comuni e Regioni”. Da qui il mistero su cosa ci sia dietro le punture di spillo di Codogno.

Twitter: @SSansonetti