Il delicato dossier della demarcazione dei confini marittimi tra Libia e Grecia torna ad agitare le acque del Mediterraneo orientale. Dopo anni di stallo e tensioni crescenti, la Commissione per i confini terrestri e marittimi del Governo di Unità Nazionale libico ha annunciato una visita ad Atene per “rompere il ghiaccio” e riavviare il dialogo interrotto. Ma le dichiarazioni incrociate tra le due sponde del mare sembrano al momento allontanare una soluzione condivisa. A rendere noto il tentativo di riapertura è stato Mohamed El-Harari, capo della Commissione libica, che ha accolto con favore l’intenzione del ministro degli Esteri greco Giorgos Gerapetritis di visitare la Libia per riprendere i colloqui.
El-Harari ha ribadito che la via diplomatica, pacifica e, se necessario, giudiziaria è l’unica strada percorribile per risolvere la disputa, ma ha anche messo in guardia contro “parole che contraddicono i fatti”. Al centro dello scontro vi è la mancata accettazione, da parte di Atene, dell’accordo siglato nel 2019 tra Tripoli e Ankara per la delimitazione delle zone economiche esclusive nel Mediterraneo. Un’intesa duramente contestata da Grecia ed Egitto, che rivendicano diritti sulle stesse aree. Secondo El-Harari, la sospensione del dialogo da parte greca dimostra il mancato riconoscimento dell’accordo turco-libico e l’intenzione di Atene di agire unilateralmente.
Libia e Grecia, si riaccendono le tensioni sui confini marittimi contesi: dialogo difficile tra accuse reciproche e interessi energetici
La Libia accusa la Grecia di aver tentato fin dal 2014 di “imporre il fatto compiuto” approfittando della crisi interna libica, demarcando da sola i confini marittimi nonostante le proteste ufficiali. Una tensione che si è acuita nei giorni scorsi, quando il Ministero degli Esteri libico ha convocato il console greco a Bengasi per protestare contro le recenti dichiarazioni di Gerapetritis, secondo il quale le autorità libiche devono “rispettare il diritto internazionale” ed evitare di proseguire nella cooperazione marittima con la Turchia. In questo clima, ha suscitato nuove frizioni l’annuncio della National Oil Corporation (NOC) libica, che ha firmato un memorandum d’intesa con la Turkish Petroleum Corporation (TPAO) per uno studio geofisico su quattro aree marittime.
Il progetto è stato definito da Tripoli come parte degli sforzi congiunti con Ankara nel settore energetico. A complicare ulteriormente il quadro, la Grecia ha avviato, lo scorso 12 giugno, una gara internazionale per l’assegnazione di licenze di esplorazione e sfruttamento di idrocarburi nelle acque a sud di Creta, un’area che anche la Libia rivendica come parte della propria zona economica esclusiva. Un’iniziativa che ha riacceso le tensioni, riportando al centro della scena internazionale il nodo irrisolto dei confini marittimi. Nonostante il gelo diplomatico, El-Harari ha sottolineato che la Libia sta procedendo con la pubblicazione della propria pianificazione dello spazio marittimo, finalizzata a prevenire conflitti con i Paesi vicini e salvaguardare pace e sicurezza nella regione.
Il contenzioso tra Grecia e Libia, intrecciato con gli interessi turchi e le dinamiche energetiche del Mediterraneo, resta dunque uno dei fronti più complessi della politica estera della regione. Il tentativo di riavviare il dialogo è un primo passo, ma le divergenze restano profonde. E l’equilibrio, ancora una volta, appare appeso a un filo.