Libia, proteste e tensioni a Tripoli: manifestanti bloccano la strada costiera dopo il rapimento dell’attivista Al-Marimi

Libia, proteste e tensioni a Tripoli: manifestanti bloccano la strada costiera dopo il rapimento dell’attivista Al-Marimi

Libia, proteste e tensioni a Tripoli: manifestanti bloccano la strada costiera dopo il rapimento dell’attivista Al-Marimi

Le tensioni in Libia tornano ad accendersi, mentre cresce l’indignazione per il rapimento di Abdelmonem Al-Marimi, attivista e oppositore politico noto per le sue posizioni critiche verso il governo di unità nazionale. A far esplodere la rabbia popolare è stato l’episodio avvenuto sabato sera nella città di Sorman, dove Al-Marimi è stato prelevato con la forza da uomini armati non identificati mentre si trovava in auto con i figli. I rapitori lo hanno fatto scendere dal veicolo lasciando i bambini soli, e da allora non si hanno più sue notizie.

In risposta, un gruppo di manifestanti provenienti dalla vicina Zawiya ha bloccato la strada costiera che collega Tripoli alla parte occidentale del Paese, una delle arterie principali della Libia. I dimostranti chiedono con forza la liberazione immediata e incondizionata dell’attivista e vogliono conoscere il suo destino, temendo per la sua incolumità.

Libia, proteste e tensioni a Tripoli: manifestanti bloccano la strada costiera dopo il rapimento dell’attivista Al-Marimi

Durante la protesta sono stati esposti cartelli che condannano “il silenzio ufficiale di fronte alle continue violazioni della libertà di espressione”, mentre si chiede alle autorità giudiziarie e di sicurezza di intervenire con decisione contro quella che i manifestanti definiscono “l’arroganza dei gruppi armati”. Le accuse più gravi sono rivolte al governo di unità nazionale guidato da Abdelhamid Dabaiba, indicato da alcuni partecipanti come direttamente responsabile o comunque complice di quanto accaduto.

Abdelmonem Al-Marimi, figura di riferimento per l’opposizione, è da tempo una delle voci più critiche nei confronti delle politiche di sicurezza del governo, accusato da più parti di tollerare – se non favorire – l’azione incontrollata di milizie armate e gruppi di potere paralleli. Il suo sequestro rappresenta, per molti, l’ennesima prova della fragilità dello stato di diritto in un Paese ancora profondamente diviso e instabile.