L’illusione della crisi che non c’è

di Gaetano Pedullà

Se voleva essere una pezza dopo le dimissioni del vice ministro Fassina, allora la toppa è venuta peggio del buco. La slurposa intervista al ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni pubblicata ieri da Repubblica ci ha detto in sostanza che i conti pubblici vanno meglio e quest’anno le tasse diminuiranno. Va beh, un po’ di ottimismo non guasta, ma da qui a raccontarci che stiamo uscendo dal pantano mentre attorno vediamo solo crisi, sa di presa in giro. Il Governo benedetto a Berlino (ma anche a Bruxelles e Wall Street) sta godendo dei tassi bassi sul debito, ma senza una robusta ripresa, senza un rilancio dei consumi e dell’occupazione, il pozzo senza fondo della nostra spesa pubblica inghiottirà tutto intero il gettito fiscale, lasciando solo briciole per le famiglie e per le imprese. Dunque potremo fare tutta la spending review che vogliamo, far dimagrire giustamente lo Stato, ma non potendo svalutare o stampare nuova moneta, per dare ossigeno all’economia serviranno nuove tasse. E un signore che prima di fare il ministro è stato decenni ai vertici della Banca d’Italia questo lo sa bene. In alternativa servirebbero provvedimenti coraggiosi, strategia economica, una coesione politica senza precedenti per imporre scelte impopolari, svuotare la spesa pubblica improduttiva e concentrare tutte le risorse disponibili su poche partite fondamentali. Il nostro Governo in carica, con Saccomanni a capo del centralissimo Ministero dell’Economia, ha fatto tutto questo? No, non lo ha fatto e con il decreto Salva Roma ha dimostrato di non avere la forza per imporre la necessaria austerità a partiti e lobby. Con le urne sempre più vicine, Fassina ha preso il largo prima di essere trascinato “politicamente” sul banco degli imputati a rispondere del poco e niente fatto contro la crisi. Saccomanni invece ci ha messo la faccia. Avesse fatto qualcosa di concreto, oltre le interviste, sarebbe pure un gesto nobile. Ma a parte le parole non vediamo niente di più.