L’industria in caduta libera, mai tanto male dal Covid

Il Movimento 5 Stelle calcola che siamo arrivati a 31 mesi su 34 di governo di calo della produzione industriale su base annua.

L’industria in caduta libera, mai tanto male dal Covid

In tempi di Manovra, che l’industria italiana non sia solo ferma ma in caduta libera è una notizia che al governo Meloni non può certo far piacere. Tuttavia è la realtà con la quale il duo Giorgetti- Meloni è costretto a fare i conti, in barba alla propaganda e alle rassicurazioni del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.

Produzione industriale in caduta libera

La produzione industriale ad agosto ha fatto segnare – 2,4% rispetto al mese precedente, quasi tre punti (-2,7%) nel confronto annuo. In rosso anche il bilancio dei primi otto mesi dell’anno, con la discesa di un punto. Per trovare un dato inferiore occorre tornare a giugno 2020, nel pieno del Covid. E questo la dice lunga. L’indice destagionalizzato della produzione industriale, spiega l’Istat, segna riduzioni su base mensile in tutti i comparti: energia (-0,6%), beni di consumo e beni intermedi (-1,2% per entrambi i settori) e beni strumentali (-2,2%).

Su base annua, si registra una crescita per i beni strumentali (+0,7%) e i beni intermedi (+0,2%); diminuiscono, invece, i beni di consumo (-2,3%) e in misura più marcata l’energia (-8,6%). I settori di attività economica che registrano gli incrementi tendenziali maggiori sono la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+16,1%), la fabbricazione di mezzi di trasporto (+9,9%) e la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+7,1%). La flessione più rilevante si riscontra, invece, nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-13,5%).

Il calo dura da 31 mesi su 34 del governo Meloni

“Ho incontrato imprenditori alle prese col caro bollette e col salasso della trattativa fallita sui dazi. Per la nostra industria è allarme rosso: 31 mesi di crollo della produzione su 34 di governo Meloni, nonostante i 209 miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Pensate senza…”, ha affermato sui social il presidente del Movimento cinque stelle, Giuseppe Conte. “I 25 miliardi di euro promessi lo scorso aprile dalla presidente Meloni alle imprese – ha spiegato – non si sono visti. Serve una terapia d’urto che passa per un drastico taglio delle tasse e il ripristino di transizione 4.0, eliminando inutili scartoffie e burocrazia per le imprese. I soldi possiamo prenderli da armi, extraprofitti delle banche, tasse sui giganti del web che pagano briciole. Si può fare”.

Dal M5S al Pd, l’affondo contro un governo incapace di gestire la crisi

Duro l’affondo anche del Pd. “Serve una netta inversione di rotta: la prossima legge di bilancio deve rilanciare le politiche industriali, sostenendo l’innovazione e il risparmio energetico, con incentivi più semplici, accessibili ed efficaci, capaci di recuperare davvero gli obiettivi di Transizione 5.0. Servono però misure incisive e dotate di risorse importanti, non i pannicelli caldi prefigurati nel Documento di programmazione di finanza pubblica presentato dal governo. Senza una strategia industriale solida, l’Italia rischia di restare ai margini della nuova competizione globale, perdendo occupazione e capacità produttiva. È tempo che il governo smetta di tagliare e fare propaganda e torni a investire nel futuro dell’industria italiana”, ha detto Antonio Misiani, responsabile economia nella segreteria nazionale del Pd.

“È frustrante commentare ogni mese e da oltre due anni e mezzo i dati negativi di Istat sulla produzione industriale. Non solo perché è ormai lampante la sostanziale incapacità del governo di affrontare con senso di realtà e pragmatismo la più grande crisi produttiva dal dopoguerra, ma anche perché dopo 27 mesi lo schema è chiaro: oggi né il ministro Urso né la presidente del Consiglio proferiranno parola o commenteranno, ma da domani ritorneranno a raccontare di un Paese florido e di politiche industriali che semplicemente non esistono”, commenta amaro il segretario confederale della Cgil, Pino Gesmundo.

E sull’industria italiana – ricorda il Codacons – pesa inoltre la scure dei dazi imposti dagli Stati Uniti che, a regime, potrebbero avere effetti pesanti sul comparto, aggravando i numeri del 2025.