L’Ingv sta elaborando una nuova mappa della pericolosità sismica. L’ultimo aggiornamento risale al 2004. Doglioni: “Prevedere i terremoti è un obiettivo possibile”

L'ultimo aggiornamento della mappa compiuto dagli esperti dell'Ingv risale a 14 anni fa

L’Italia si doterà di una nuova Carta di pericolosità sismica. La mappa, che fornisce un quadro delle aree più a rischio terremoti del Paese, non viene rinnovata dagli esperti dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia dal 2004. Il prossimo aggiornamento, ha annunciato Carlo Meletti, responsabile del Centro di pericolosità sismica dell’Ingv, durante l’incontro “Porte aperte all’Ingv”, ci sarà nel 2019. “La futura carta –  ha spiegato il presidente dell’Ingv Carlo Doglioni – dovrà essere considerata uno stadio dell’evoluzione delle nostre conoscenze, che migliorano sempre di più nel tempo”.

“La carta è lo strumento migliore che abbiamo oggi a disposizione per la prevenzione dei danni dei futuri terremoti, non avendo la possibilità di prevedere quando si verificheranno”, ha spiegato all’Ansa Meletti. “Si tratta di uno strumento utile a capire quali zone sono più a rischio, e a fare una riclassificazione sismica dei comuni”.

La nuova carta, spiegano dall’Ingv, avrà una maggiore risoluzione e conterrà informazioni più dettagliate sulle zone del territorio italiano più vulnerabili dal punto di vista del rischio sismico. “Abbiamo utilizzato – ha spiegato Meletti – le conoscenze geologiche acquisite sulle faglie negli ultimi 15 anni”.

In futuro, ha detto Doglioni, forse sarà anche possibile prevedere un terremoto “migliorando la comprensione di alcuni segnali premonitori, come il movimento dei fluidi prima di una forte scossa”. Per il presidente dell’Ingv, “finché non riusciremo a interpretare i segnali che ci invia il nostro Pianeta, non saremo in grado di prevedere i terremoti”.

“Questi segnali – ha aggiunto l’esperto – esistono: un recente studio congiunto di Ingv, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e Università de l’Aquila dimostra, ad esempio, che prima del sisma di Amatrice del 24 agosto 2016 si è verificato un aumento di pressione nei fluidi all’interno del Gran Sasso. Queste informazioni sono, però, inutili se non accompagnate dallo sviluppo di una rete capillare di strumenti che monitorino il territorio nazionale”.

In Italia solo il 6% della popolazione è cosciente di vivere in una zona ad elevata pericolosità sismica. “C’è ancora troppa sottovalutazione – ha concluso Doglioni -, per questo l’alfabetizzazione sismica dei cittadini è fondamentale nel nostro lavoro. Occorre diffondere cultura e consapevolezza dei rischi naturali”.