Litighiamo con l’Europa ma poi rinunciamo alle tasse sul tabacco. In vista nuovi aumenti delle accise. Col trucco per limare il gettito fiscale

di Carola Olmi

Da una parte chiediamo flessibilità all’Europa, dall’altra però continuiamo a non fare i compiti a casa. Le raccomandazioni per ridurre la spesa pubblica improduttiva, con la spending review, abbiamo visto tutti che fine hanno fatto. C’è però persino di peggio, con l’Erario che rinuncia a incassare molte decine di milioni per fare un favore alla lobby del tabacco. Lo strumento previsto dalla legge è una delega al Mef concessa dal Parlamento nel dicembre 2014. Con tale atto si consentiva al ministero dell’Economia di variare la tassazione dei tabacchi nel 2015 e nel 2016. La norma è talmente precisa da stabilire in cinque euro l’aumento del livello minimo dell’accisa su ogni chilogrammo di tabacco. Fatti due conti con l’attuale livello dei consumi, via XX Settembre sta rinunciando a incassare cento milioni tondi tondi.

LA BEFFA – Proprio mentre entrano in vigore le nuove misure per scoraggiare il fumo, il Mef continua dunque a rinviare quanto previsto da una delega espressamente data dal Parlamento. Per quali motivi? Uno è subito comprensibile: a nessun Governo piace presentarsi come riscossore di nuove tasse. Ma la situazione dei conti pubblici è quella che è, e di questo non si può certo dare tutte le colpe all’attuale Esecutivo. Più oscuro invece un secondo motivo, che a quanto pare sarebbe il vero ostacolo all’applicazione della norma. La misura più equa per incassare il tesoretto sarebbe infatti quella di spalmare l’aumento in modo uguale su tutti i produttori. Tutto facile, dunque? Nemmeno per sogno.

L’ESCAMOTAGE – Nel decreto che il ministero sta lentamente predisponendo si prevederebbe un aumento dell’accisa sulle sigarette di maggior prezzo, “salvando” quelle che costano meno. Un invito dunque a fumare di più alcuni marchi piuttosto che altri, creando quanto meno uno squilibrio competitivo nel mercato. Senza contare l’incentivo ai produttori che vendono il pacchetto di sigarette sotto i 4,40 euro, completamente salvati dalla nuova imposta e dunque in grado di diventare più appetibili a chi vuole fumare. Ora è chiaro a tutti che lo Stato da una parte scoraggia il fumo, ma dall’altra ci campa. Tant’è vero che nella legge di stabilità ha previsto un gettito di almeno cinquanta milioni dal nuovo aumento dell’accisa. Obiettivo che probabilmente non sarà raggiunto se prevvarrà l’ipotesi di tassare solo le sigarette ad alto costo, “graziando” tutte le altre. Avremmo così la beffa che l’aumento di una tassa non porterà nemmeno al risultato minimo fissato. Uno scenario probabile, anche considerando una ricerca del Centro studi Ambrosetti (realizzata con un contributo di Philip Morris, ma sotto la totale responsabilità dell’istituto) secondo cui le tasse raccolte dallo Stato con le sigarette sono aumentate di 300 milioni nel 2015, ma scenderanno nel 2016. Se la Riforma fiscale del settore è stata un successo per le casse pubbliche, ora infatti bisogna fare i conti con la crisi e il calo dei consumi.