Lo chiamarono attivismo giudiziario. Le affibbiarono un’etichetta politica. Diffusero video privati, la accusarono di faziosità, di sabotaggio, di militanza mascherata. Ma oggi la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea dice una cosa sola: Iolanda Apostolico aveva ragione. Aveva ragione nel ritenere che la Tunisia non potesse essere considerata “Paese sicuro” senza un esame serio. Aveva ragione nel difendere il diritto di ogni giudice a valutare, in autonomia, la fondatezza delle designazioni governative. Aveva ragione nel non piegarsi al decreto Cutro.
Lo schiaffo è netto, formale, irrevocabile. La Corte ha stabilito che gli Stati possono redigere liste di Paesi sicuri, sì, ma solo se quelle liste sono sottoponibili a “controllo giurisdizionale effettivo”. Non un dettaglio: un principio cardine del diritto europeo. Principio che il governo Meloni ha tentato di aggirare, bollando come “incredibile” il lavoro della giudice, e minando la sua credibilità professionale con una pressione politica che ha raggiunto il livello del dossieraggio.
L’infamia di una campagna politica
Il 2023 è stato l’anno della caccia ad Apostolico. Salvini rilanciava un video del 2018 in cui la giudice manifestava contro le politiche migratorie del governo. Meloni attaccava pubblicamente la sua decisione di non convalidare un trattenimento a Porto Empedocle. Nordio avviava accertamenti ispettivi definiti dall’ANM come un tentativo di intimidazione. I media di area montavano il caso, insinuando incompatibilità, mancanza d’imparzialità, abuso di ruolo.
Nessuna di queste accuse ha trovato conferma in sede disciplinare. Ma Apostolico, esposta alla gogna pubblica e istituzionale, ha anticipato la sua uscita dalla magistratura. Una sconfitta dello Stato di diritto, consumata nel silenzio colpevole delle istituzioni. Ora, la Corte europea riconosce la legittimità di quel gesto che le costò l’isolamento: disapplicare la presunzione di sicurezza per uno Stato che non garantisce diritti fondamentali a tutta la popolazione.
La sentenza che restituisce verità
Nel pronunciarsi sul protocollo Italia-Albania, la Corte ha stabilito che un Paese terzo può essere considerato sicuro solo se rispetta i diritti fondamentali per tutte le categorie di persone. E soprattutto: che tale classificazione non può essere sottratta al vaglio dei tribunali. Tradotto: nessuna lista blindata, nessuna immunità ministeriale, nessun automatismo amministrativo può prevalere sull’indipendenza della giurisdizione.
È esattamente quello che Apostolico rivendicava nella sua ordinanza: la possibilità per il giudice di valutare, caso per caso, la fondatezza della “sicurezza” dichiarata. Oggi la massima autorità giuridica europea le dà ragione. E dà torto al governo, che aveva fatto della Tunisia l’emblema della sua politica dei respingimenti accelerati.
L’umiliazione politica di un’intera maggioranza
Il verdetto colpisce al cuore l’ideologia del decreto Cutro, la logica dei trattenimenti arbitrari, il modello Albania e il mito del “controllo totale” sui migranti. Meloni sperava in una sentenza favorevole per legittimare retroattivamente le sue scelte. Ha ricevuto invece una bocciatura che smonta giuridicamente l’intera impalcatura politica del suo operato.
È una disfatta istituzionale: il governo viene smentito nel merito, dai fatti e dal diritto. Ma soprattutto, viene inchiodato alla responsabilità di aver perseguitato una giudice per aver applicato la legge. Di aver trasformato l’autonomia della magistratura in un capro espiatorio. Di aver cercato vendetta, e non giustizia.
Chi ripagherà il danno?
Oggi Apostolico non siede più su uno scranno. La sua carriera è stata piegata da una pressione politica indegna di una democrazia costituzionale. Ma la sua posizione giuridica, quella sì, è stata pienamente confermata. Chi le ha dato della faziosa, chi ha montato il caso per delegittimare un potere indipendente, chi ha chiesto la sua testa per accontentare un’agenda politica, oggi tace.
Tace davanti a una sentenza che certifica l’abuso. Tace perché ha perso. Ma resta una domanda, amara e urgente: chi restituirà ad Apostolico la dignità istituzionale che le è stata strappata?