Lo scontro nel M5S fa fibrillare pure Letta

Sarà decisivo il voto sulla guerra in Ucraina, ma nel M5S la guerra tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte è ormai dichiarata

Sarà decisivo il voto sulla guerra in Ucraina ma la guerra tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte è ormai dichiarata e dalle chat interne e i borbotti si è spostata su televisioni e giornali. Da una parte il ministro degli Esteri sembra sempre il più draghiano nei modi e nei contenuti politici, convinto che sostenere questo governo sia l’unico gesto di responsabilità per il Movimento, Conte invece insiste sull’identità del M5S come obiettivo primario, anche a costo di uscire dal governo.

Sarà decisivo il voto sulla guerra in Ucraina, ma nel M5S la guerra tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte è ormai dichiarata

Qualcuno intanto sommessamente fa notare che forse dietro a tutta questa fibrillazione ci sia la regola del doppio mandato che impedirebbe a molti parlamentari pentastellati di continuare l’attività politica (del resto era questo lo spirito originale del Movimento). Di certo i risultati delle ultime amministrative sono state solo il gancio per assestare un colpo che covava da tempo. Ma che succede ora? L’eventuale spaccatura del M5S sarebbe una grosso problema anche per il Pd di Enrico Letta che in questi mesi ha sempre ripetuto di ritenere l’alleanza con i grillini imprescindibile.

Nel caso in cui Di Maio esca dal M5S e continui a sostenere Mario Draghi sembra inevitabile che Conte uscirà dal governo, rimanendo con Fratelli d’Italia l’unico partito di opposizione nell’alveo del centrosinistra e, soprattutto, con le mani libere per costruire una campagna elettorale non più smussata dalle inevitabili mediazioni.

Di certo questa sarebbe l’occasione ghiottissima per chi, dentro e fuori il Pd, da sempre spinge per abbandonare il Movimento 5 Stelle e magari buttarsi tra le braccia di Matteo Renzi e Carlo Calenda, dando vita a quell’area Draghi che qualche giornale sta spingendo da tempo. Letta si ritroverebbe con sul rischio di apparire già di fatto più vicino a Azione, Italia Viva e Forza Italia rispetto al “fronte progressista” che fino a qui è stato costruito e sperimentato nelle elezioni locali.

Si tornerebbe a un M5S di nuovo “solo contro tutti” e il Pd in un solo colpo verrebbe etichettato come “partito del Palazzo”. Ciò che accade nel M5S non è solo una questione interna, interessa alla politica, tutta.