Lo sgambetto di Draghi alla super popolare. Il matrimonio difficile tra Banco Popolare e Bpm

Il matrimonio difficile tra Banco Popolare e Banca Popolare di Milano

di Giorgio Ferrini

Sulla fusione più lenta del mondo si allunga l’ombra di interessi stranieri. Banco Popolare e Banca Popolare di Milano sono alle prese da mesi con una trattativa che sembrava in discesa, ma ora ci si è messa di mezzo la Bce di Mario Draghi, che a sorpresa ha alzato l’asticella del capitale necessario per la nuova super-banca. Risultato? A questo punto l’operazione potrebbe saltare per mancanza di reciproca convenienza e i due istituti rischiano di finire dritti dritti nelle fauci di una banca estera. Esito che forse a Francoforte  qualcuno si augura.

ALLARME – A far suonare il campanello d’allarme nelle cinque città interessate alla fusione, ovvero Novara, Milano, Lodi, Bergamo e Verona, sono state le ultime osservazioni giunte dagli uomini di Draghi e veicolate dalla Vigilanza di Bankitalia. Alcune, come ammette in camera caritatis un consigliere della Milano, sono più che ragionevoli e colgono punti di oggettiva debolezza dello schema immaginato dai due ad, Giuseppe Castagna (Bpm) e Pier Francesco Saviotti (Bpi). Si tratta del cda unico a 19 poltrone (la Bpm ha il duale, mentre Novara e Verona hanno il sistema monistico), che sono forse un po’ troppe e infatti la Bce preme per 15 consiglieri. Solo che le varie province dell’impero del Banco Popolare non vogliono perdere spazio e ancora l’altro giorno sul Cittadino di Lodi, per fare solo un esempio, si poteva leggere che “il territorio” chiede due consiglieri lodigiani. Ma si può far saltare un’operazione dalla quale deve nascere il terzo gruppo bancario italiano per 4 posti in consiglio in più?
L’altro punto debole è una fusione che consente ai milanesi di restare autonomi per tre anni con uno scorporo dell’azienda bancaria. Il tutto, probabilmente, per non toccare il potere dei sindacati di piazza Meda. Anche qui la Bce si sta mettendo di mezzo e tocca riconoscere che qualcuno le ha proprio alzato la palla, per dirla con il gergo della pallavolo.

TRAPPOLA – Ma il vero “blocco” di Francoforte è quello che riguarda il capitale di vigilanza della nuova aggregazione fra Milano-Verona. Per i tecnici della Banca centrale l’ammontare totale delle sofferenze post-fusione sarebbe troppo elevato e richiederebbe un immediato aumento di capitale. Eppure, considerati singolarmente, i ratios dei due istituti sono tutti positivi e la Bce ha dato il via libera ai rispettivi bilanci. Per quale motivo, se si mettono insieme quei valori, improvvisamente c’è qualcosa che non funziona? I bilanci appena approvati e “vistati” dalla vigilanza europea non sono più buoni? Nasce da qui il sospetto che si voglia far saltare tutto per aprire scenari nuovi. E a quel punto, per qualche colosso straniero sarebbe un gioco da ragazzi comprarsi separatamente due banche ben radicate sul territorio e che hanno fatto molta pulizia nei propri portafogli. Anche perché negli ultimi sei mesi la Bpm ha perso il 31% in Borsa e il Banco Popolare ha lasciato sul terreno il 50,6%. Insomma, le si compra sui minimi e si fa anche un buon affare.