L’ultima picconata del Papa: riformato pure il Padre Nostro. Illogico pensare che Dio ci induca in tentazione. Colpa di una traduzione già cambiata in Francia

L’ultima picconata del Papa: riformato pure il Padre Nostro. Illogico pensare che Dio ci induca in tentazione. Colpa di traduzione già cambiata in Francia

Dacci oggi il nostro colpo di piccone quotidiano. Con un’intervista a un cappellano sulla televisione dei vescovi Tv2000, Papa Francesco mette ancora una volta la Chiesa di fronte all’esigenza di cambiare. E il bersaglio questa volta è più grosso di sempre, perché nel mirino c’è niente di meno che la più conosciuta e diffusa delle preghiere cristiane: il Padre Nostro. Parliamo dello stesso verbo di Cristo, perché secondo il Vangelo di Luca fu lo stesso Gesù a insegnarla ai suoi discepoli. Nell’appunto di Bergoglio c’è però tutta l’essenza di questo Pontefice, cosciente che senza scardinare i vecchi meccanismi la Chiesa muore. Di qui le aperture al terzomondismo, al perdono per le famiglie che si dividono, a una visione umana e dignitosa del fine vita, oltre a tutte le altre riforme dentro le gerarchie vaticane e la Curia di Roma. L’oggetto della critica sul Padre Nostro non è infatti la preghiera (la Chiesa) ma la traduzione che ci viene riportata (cioè il compito del clero). E l’argomento usato da Francesco è limpido e convincente. Il passaggio in cui si chiede a Dio di non indurci in tentazione è illogico, in quanto è l’uomo a cadere, non certo per la spinta del Signore. Indurre l’uomo in tentazione è una prerogativa del Demonio, non di un Padre, spiega il Papa, e adesso che ci fa ragionare su questo l’osservazione sembra così elementare da non farci più comprendere come nessuno se ne sia accorto prima. Non si è fatta una buona traduzione”, ha dedotto il Papa, ricordando che in Francia questa traduzione di recente è stata cambiata. Ragionamenti alti che Bergoglio rende facilmente comprensibili, anche attraverso un dialogo semplice con il conduttore del programma televisivo, don Marco Pozza, un giovane cappellano del carcere di Padova.

Il tema della traduzione del Padre Nostro, così come di molte delle antiche scritture che stanno alla base della religione cristiana – quando non sono state il motivo della divisione nelle tante Chiese cattoliche, a partire da quelle più ortodosse – in Francia ha trovato una soluzione ragionevole. La nuova versione infatti non include più il passaggio “ne nous soumets pas à la tentation” – cioé “non sottometterci alla tentazione” – e al suo posto è stato inserito: “ne nous laisse pas entrer en tentation”, “non lasciarci entrare in tentazione”.

C’era una volta il latino – Questioni che da un punto di vista teologico non sono affatto di lana caprina, e che sono esplose con un’altra necessaria riforma della Chiesa cattolica: la celebrazione della Santa Messa nella lingua locale dei fedeli (e dunque in Italia l’italiano, in Francia il francese, e così via) mentre fino al secolo scorso le cerimonie usavano tutte un’unico codice: il latino. Circoscritta agli addetti ai lavori – o meglio, alle preghiere – la questione era stata affrontata dalla Conferenza episcopale francese. Andando a cercare nella versione della Bibbia della Cei (2008), il passo “et ne nos inducas in tentationem” è tradotto con “e non abbandonarci alla tentazione”. Quello che ora dice il Papa.