L’ultimo autogol di Alfano

di Gaetano Pedullà

Che brutti segnali per la politica. E per il Paese. Il Parlamento continua a restare bloccato sull’elezione di due giudici della Consulta. Questione seria ma secondaria rispetto al dramma di un’Italia affamata di lavoro, di riforme, di aiuti alle famiglie e alle imprese. Semmai a qualcuno venisse voglia di occuparsi di questi problemi, ecco che un’interrogazione parlamentare chiama il Governo a rispondere sull’arbitraggio della partita Juventus-Roma. Può bastare? No, ed ecco allora un nuovo putiferio, questa volta sul terreno scivoloso dei diritti civili. A mettere in croce l’Esecutivo, di cui lui stesso è vicepremier, è il cattolicissimo Alfano, stoppando i sindaci che registrano all’anagrafe i matrimoni gay contratti all’estero, dove queste unioni sono consentite. Alfano, a capo di un partitino dato ormai intorno al 2%, ha sottovalutato però la carenza di legittimazione del suo ruolo, dato proprio dalla debolezza della sua parte politica. Per i sindaci dunque è stato come dar via a un tiro al bersaglio, con un no generale alla circolare del ministro. Poi Scalfarotto ci ha messo il carico sopra, ricordando che il titolare del Viminale non ha competenza nell’agenda dei diritti. Morale della favola: il faccia a faccia tra Renzi e i sindacati per affrontare la riforma ben più urgente del Lavoro è finita in secondo piano, il Governo si è trovato una nuova grana all’interno della già fragile maggioranza e ha fatto scattare come api impazzite dagli enti locali agli attivisti dei diritti civili. Dove non è che manchino le ragioni, perché questo Stato balia che pretende di conservarci in azienda il Tfr per non farcelo spendere, anche sulle libertà individuali tiene da sempre vincoli antichi e bigotti. Far cadere il mondo sulle nozze gay mentre il Paese muore di fame è però una follia. L’ultima di un’Italia che non ce la fa a cambiare verso.