L’Università italiana non è posto per donne. Le professoresse ordinarie sono solo il 23,7% del totale

Sono il 55,4% degli iscritti ai corsi di laurea, il 57,1% del totale dei laureati, il 49,4% degli iscritti ai corsi di dottorato e il 50,5% del totale dei dottori di ricerca. Ancora oggi, però, solo il 38,4% dei professori associati e appena il 23,7% dei professori ordinari è donna. Parte dai dati della ricerca del Miur (“Le carriere femminili in ambito accademico”) l’ultima amara riflessione dell’Osservatorio delle mamme che lavorano, nato all’interno di “Progetto donne e futuro”. Che ideato dall’avvocato Cristina Rossello, deputata di FI, ha l’ambizione di suggerire ai decisori interventi a tutela della donna. L’ultima newsletter mostra chiaramente che all’evolvere della carriera accademica corrisponde l’apertura di una ‘forbice’ per ciò che riguarda la parità di genere. Si parte alla pari ma all’arrivo la metà delle donne si perde e questo sia nelle facoltà umanistiche che in quelle scientifiche o tecnologiche. È il cosiddetto fenomeno del ‘soffitto di cristallo’: si vede il piano superiore ma non si riesce ad accedervi. “E’ questo un tema su cui, una decina di anni fa, abbiamo lavorato con alcune professoresse di valore come Stefania Bariatti, Marina Brogi, Lucia Calvosa, Paola Profeta, Paola Schwizer, Cristina Finocchi Mahne”, racconta a La Notizia Rossello. La carriera accademica delle donne – ci spiega – ha situazioni di ostacolo “ingiustificabili”: “Fornendo occasioni di approfondimento e di studio, la nostra mission è sensibilizzare sul tema con l’obiettivo finale di consentire alle donne di arrivare in posizioni apicali. Le donne che vogliono fare carriera in ambito accademico se sono mamme o se si trovano in età fertile vengono fortemente scoraggiate. Un fattore questo che spiega i dati drammatici sulla bassa natalità”. Non è accettabile. “I governi, a prescindere dal colore politico, non possono non farsi carico di questi problemi che non si possono risolvere a colpi di bonus, ovvero di soluzioni tampone, ma solo attraverso pianificazioni serie”. Solo un quinto in Italia di persone, nella fascia d’età compresa tra i 25 e 64 anni, è laureato a fronte di un terzo registrato in Europa. L’emergenza Covid, che ha penalizzato fortemente le donne che lavorano, rischia – argomenta Rossello – di aggravare questi numeri: “Se in una famiglia viene meno uno stipendio a essere sacrificate possono essere le spese universitarie”.