Mafia Capitale, Marino non vuole mollare. Ma la sua poltrona traballa

E ora sì, per forza. Se non addirittura per necessità, visto che farlo cadere adesso sarebbe una totale ammissione di responsabilità, se non addirittura di colpa. Per questa ragione, nonostante i suoi evidenti demeriti, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, resta al suo posto e il Partito democratico si ritrova a dover fare quadrato attorno ad un esponente dem che certo non ama. Sopporta. ”È curioso che una figura come Carminati abbia potuto costruire un sistema criminale di tale entità”, afferma il presidente del Pd e commissario romano del partito, Matteo Orfini, durante la conferenza stampa sulla seconda ondata di arresti nell’ambito dell’inchiesta su Mafia Capitale, “chiederò al Copasir di occuparsi di questa vicenda, per chiedere come è possibile che i servizi segreti non si siano accorti di cosa stava facendo una persona a loro evidentemente nota”.

PUNTI DI VISTA
Ecco, la tesi del complotto, la teoria della pugnalata alle spalle sembra essere molto in voga all’interno del Partito democratico e della stessa maggioranza che regge il governo guidato da Matteo Renzi. Perché mai i servizi segreti avrebbero dovuto informare gli esponenti dem? Quale regola lo impone? Se i servizi sapevano e hanno informato solo gli inquirenti hanno fatto il loro ottimo lavoro. Semmai è il Pd che non ha vigilato sull’operato dei propri esponenti presenti nelle istituzioni coinvolti. In questo senso il presidente del Consiglio è stato netto e chiaro. “Un Paese solido è quello che combatte contro la corruzione con grande forza, mandando chi ruba in galera. È giusto che chi ruba paghi tutto fino all’ultimo centesimo”, dice il premier durante la conferenza stampa con la presidente cilena Michelle Bachelet, intervenendo sulla vicenda di Mafia Capitale che ha travolto ancora una volta la politica con una raffica di arresti.

LA DIFESA
A difendere il sindaco, però, tocca a Orfini: “Marino e Zingaretti, baluardi contro il malaffare”. Prima delle dichiarazioni il presidente del Pd ha visto ha visto il sindaco e il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, per fare il punto della situazione e impostare la linea politica. “Sindaco e governatore sono stati un baluardo contro il malaffare. Come risposta a questa moralizzazione nella vita amministrativa, la criminalità ha aggredito l’amministrazione cercando di mettere in campo un tentativo di corruzione di massa”. Che è poi la linea di difesa tenuta dallo stesso Marino: “Capisco la rabbia dei cittadini romani, sono più arrabbiato di loro. Questo signore, Salvatore Buzzi, ha tentato di pagare le persone per fermare il cambiamento che io ho voluto fin dal primo momento. Queste persone devono stare in carcere. La procura e l’amministrazione stanno facendo due percorsi indipendenti ma assolutamente paralleli. Quello che è avvenuto con l’amministrazione precedente di centrodestra, con le nuove regole che noi abbiamo voluto, non può più capitare”.

BAGARRE POLITICA
Ma il quadrato del Pd non basta ad arginare l’assalto al Campidoglio. Tra i più agguerriti il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, del Movimento 5 stelle. “Matteo Orfini mi fa morire”, dice l’esponente grillino. “più che il presidente del Pd sembra il loro avvocato delle cause perse: nega l’innegabile, difende l’indifendibile e porta una sfiga pazzesca. L’altra sera a Ballarò sosteneva che il Pd non fosse coinvolto in “Mafia Capitale”, a Ostia ha difeso fino alla morte il presidente del municipio poi arrestato. Sono mesi che chiediamo lo scioglimento del Comune di Roma e lui dà dei mafiosi a noi del Movimento 5 Stelle. È l’uomo perfetto per rappresentare un partito conosciuto ormai più alle procure che agli elettori italiani”. Ma ad Orfini rispondono anche Fratelli d’Italia e Lega tirati in ballo dal rappresentante dem: “Invece di accusare gli altri”, questo il succo del messaggio , “occorrerebbe punire politicamente i responsabili dello scandalo”.