Malpezzi, l’ex renziana spacciata per cambiamento. La neo capogruppo del Pd a Palazzo Madama è l’alter ego di Marcucci

La neo capogruppo del Partito democratico a Palazzo Madama, la sottosegretaria Simona Malpezzi, è l’alter ego di Andrea Marcucci.

Malpezzi, l’ex renziana spacciata per cambiamento. La neo capogruppo del Pd a Palazzo Madama è l’alter ego di Marcucci

Enrico Letta cambia tutto, ma per non cambiare niente. Via i vecchi capigruppo e al loro posto due donne per placare l’ira del gentil sesso del Partito democratico che a questo giro ha saltato un turno ministeriale, ma a guardare bene un’ombra lunga e gelida si allunga ancora sul Pd e d è quella dell’ex segretario Matteo Renzi.

Se alla Camera il cattolico e renziano Graziano Delrio ha accettato cristianamente il passo indietro, al Senato il renziano Andrea Marcucci ha scalciato un bel po’, ma alla fine si è dovuto arrendere e così Simona Malpezzi, che adesso è sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento, ha avuto l’unanimità nella nomina a capogruppo Pd al Senato, facendo fuori la scaltra Debora Serracchiani, ex amica di Renzi ed ex rottamatrice rottamata a causa della nota legge sui più puri, frutto dell’acume politico di Pietro Nenni.

Il suo posto nell’esecutivo sarà preso dopo la corsa benhuriana senza esclusione di colpi da una delle quasi omonime Caterina Bini e Caterina Biti, per l’occasione non tenuta al Circo Massimo, ma lì vicino, al Nazareno. Ma torniamo alla Malpezzi e al donabbondiano riadattato chi era costei? Aderisce al Pd con “spirito gipsy” preda di una “costante ricerca di nuovi orizzonti e nuove esperienze”.

Insomma una specie di cowboyessa (la Boldrini apprezzerà) della prateria milanese, usa a cavalcare rudemente e senza sella i selvaggi campi della politica. Aderisce al Partito democratico nel 2009, dopo una laurea su Amintore Fanfani, fumantino e toscano “cavallo di razza” democristiano. E la Toscana giocherà un ruolo determinante nei destini della cavallerizza che in cerca costante di orizzonti incoccia quello di un altro toscano, Matteo Renzi e se ne “innamora”.

Nel 2013 l’ex premier la vuole a tutti i costi in Parlamento. Nel 2018 si piazza al sottosegretariato mentre aderisce alla corrente renziana nel Pd di “Base Riformista”, che è la quinta colonna del Matteo dell’Arno, anche se lui non c’è più. Quindi attenzione: Letta ha sostituito un renziano, cioè Marcucci, con un’altra renziana, cioè Malpezzi. Il tutto per dire che gattopardianamente tutto è cambiato, ma nulla è cambiato. Letta ha ereditato il Pd con tutti i problemi che aveva Zingaretti ed in più ha subito dovuto democristanamente trangugiare il boccone amaro di Renzi, quello che gli disse “stai sereno”, che cacciato dalla porta torna ratto dalla finestra.