Mangiatoia con i fondi del Pnrr. I rischi sono diventati realtà

C'è il grave pericolo che gli enormi capitali messi a disposizione dal Pnrr possano finire nelle mani delle mafie.

Mangiatoia con i fondi del Pnrr. I rischi sono diventati realtà

Mentre da giorni si discute della fotografia di Antonio Decaro con due donne incensurate parenti di un clan mafioso che il sindaco di Bari ha sempre osteggiato tanto da meritarsi una scorta e mentre la peggiore Commissione antimafia degli ultimi anni sta preparando le carte per mettere sotto torchio il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano per spargere un po’ di propaganda, la mafia, quella vera, irrompe nelle cronache nazionali.

A ben vedere gli arresti sono all’ordine del giorno con operazioni che meriterebbero un minimo dibattito politico, ma le mafie ai tempi del governo Meloni sono uno squillare di trombe dalle parti del Viminale quando viene incarcerato qualche boss. È una questione tutta politica ad esempio che l’architetto (sospeso) Massimo Gentile promosso tre anni fa alla “posizione organizzativa nonché la responsabilità dei procedimenti relativi al Servizio Lavori Pubblici per il periodo dal 01/11/2021 al 31/10/2024″ che tradotta in parole molto più semplici significa che Gentile si ritrova a distribuire e organizzare i fondi del Pnrr.

C’è il grave pericolo che gli enormi capitali messi a disposizione dal Pnrr possano finire nelle mani delle mafie

Sul suo profilo Facebook in bella mostra l’architetto (sospeso) arrestato ieri con l’accusa di avere ceduto più volte la sua identità a Matteo Messina Denaro durante la sua latitanza magnifica “l’ampliamento rotatoria e realizzazione parcheggio e marciapiedi di via Lombardia/Tolstoj/Bruni”, la “ristrutturazione di 2 capannoni con tetto in eternit. Smaltimento amianto, riqualificazione con nuove destinazioni d’uso con campo da tennis, palestra multidisciplinare, campo da basket esterno e percorso pedonale perimetrale”, la “riqualificazione della pista di atletica” e l’incarico di capo di area tecnica che era in divenire con il Comune di Turate.

Una montagna di soldi pubblici gestiti da un architetto sospeso dal gennaio 2016 in un comune – quello di Limbiate – guidato da vent’anni da un sindaco di Forza Italia, Antonio Domenico Romeo, finito al centro di sospetti su possibili infiltrazioni della ‘ndrangheta con palesi interessi del clan Moscato sull’esito delle elezioni amministrative. A settembre dell’anno scorso nella sua relazione semestrale la Dia aveva sottolineato come “le mafie preferiscono rivolgere le proprie attenzioni sempre più ad ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando della disponibilità di ingenti capitali accumulati con le tradizionali attività illecite.

Si tratta di modi operandi dove si cerca sia di rafforzare i vincoli associativi mediante il perseguimento del profitto e la ricerca del consenso approfittando della forte sofferenza economica che caratterizza alcune aree, sia di stare al passo con le più avanzate strategie di investimento, riuscendo a cogliere anche le opportunità offerte dai fondi pubblici nazionali e comunitari (Recovery Fund e Pnrr)”. Un mese dopo l’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) sottolineava come la maggior parte degli appalti Pnrr e del Piano complementare (30 miliardi di euro aggiuntivi) banditi fino a lì sono stati assegnati per affidamenti diretti alle imprese, cioè senza gara e con poca o nessuna concorrenza (e quindi zero controlli e zero trasparenza). Il rischio scontato è di rivolgersi – anche inconsapevolmente – alle imprese colluse con la mafia o a quelle che accettino la corruzione facendo aumentare i prezzi, favorendo il lavoro nero e non garantendo né qualità, tantomeno risparmi di tempo.

Emblematiche le irregolarità sulla diga di Genova. Ignorate malgrado i reiterati allarmi dell’Anac

Solo pochi giorni fa il Procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri (nella foto) ha ricordato il grave pericolo che i capitali del Pnrr possano finire nelle mani delle mafie. Per questo occorre “attrezzarsi: calcolate che adesso col Pnrr su una stessa area, mentre prima c’era un cantiere, in futuro ce ne saranno 4-5, quindi ci vorrebbe il quadruplo degli investigatori per poter avere un livello accettabile” di sicurezza. Gratteri ha aggiunto che “ci stiamo attrezzando, ma bisognava pensarci prima. Oltre a chiedere i soldi del Pnrr bisognava anche fare concorsi per più polizia giudiziaria e più magistrati”.

A dicembre dello scorso anno è stato licenziato un testo che prevede l’abolizione del controllo concomitante sulla spesa dei fondi del Pnrr (uno strumento attivabile “in itinere” su richiesta delle Commissioni parlamentari) e la proroga fino a giugno 2024 dello “scudo erariale” che limita la responsabilità contabile da condotte attive ai soli casi di dolo. “Escludere la responsabilità amministrativa per condotte commissive gravemente colpose, – spiegava il criminologo forense e giurista Vincenzo Muschio – tenute da soggetti, sia pubblici sia privati, riducendo, di fatto, la tutela della finanza pubblica, significa impedire di perseguire i responsabili e di recuperare le risorse distratte, facendo sì che il danno erariale resti totalmente a carico della collettività”.

“I controlli in itinere sul Pnrr servono perché così si monitorano i processi di spesa pubblica senza i quali si rischia davvero che il sistema cada nell’illegalità, nella corruzione e nelle mani della criminalità organizzata” aveva aggiunto Musacchio. Ma il suo appello è caduto nel vuoto. E quando qualcuno segnala qualche irregolarità viene visto come sabotatore della ripresa. Anche questo è un film già visto.

Chi critica lo stop alle verifiche sull’uso di soldi pubblici viene additato come sabotatore dall’esecutivo

Ieri Anac non ha cambiato non ha cambiato la propria posizione sulla nuova diga foranea di Genova: i rilievi inerenti la presunta irregolarità dell’aggiudicazione dell’appalto a Pergenova Breakwater (consorzio capitanato da Webuild) sono stati confermati anche a valle del secondo giro di controdeduzioni dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale e di Rina Check, coinvolta in quanto verificatrice del progetto preliminare a base della procedura d’appalto. Se si ritiene che nell’appalto della diga di Genova qualche servitore dello Stato sia stato corrotto, va individuato e punito, se invece riteniamo che qualcuno abbia applicato delle regole più semplici e veloci per arrivare alla realizzazione dell’opera va scovato e premiato”, ha commentato il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. Accade sempre così: o l’arresto del boss da offrire al pubblico o le mani libere. L’antimafia e l’anticorruzione di questi tempi sono solo o bianco o nero.