Manovra, cantiere stravolto. Più deficit al posto dei tagli. Due terzi dei 27 miliardi arriverebbero da concessioni Ue. Ancora una volta la grande assente è la spending review

Per carità, il cantiere è ancora aperto. Ma nel giro di qualche settimana i materiali da costruzione sono cambiati un bel po’. Fino a non molto tempo fa, infatti, la manovra alla studio del Governo guidato da Matteo Renzi doveva essere di 25 miliardi di euro, più della metà dei quali derivanti dalla spending review. Adesso la stessa manovra è salita a 27 miliardi, più della metà dei quali derivanti però dalla leva del deficit che si spera l’Europa ci consenta di utilizzare. Insomma, un bel cambio di prospettiva che sembra mettere in evidenza come, per l’ennesima volta, la spending review rischi di trasformarsi nel più classico dei convitati di pietra.

I NUMERI
In realtà i 10 miliardi che i tagli selettivi di spesa dovrebbero garantire per il 2016 sono già tutti prenotati per disinnescare le famigerate clausole di salvaguardia, ovvero l’aumento di Iva e accise. E per il resto sembra che sul piatto rimanga molto poco. Del resto una spia sembra essere la latitanza, anche mediatica, del Commissario alla spending review, Yoram Gutgeld, che sta lavorando per trovare una complicata quadratura del cerchio. Una cosa è certa: nel cercare le coperture alla manovra da 27 miliardi il Governo Renzi sta tentando di percorrere la strada più facile, ossia la spesa in deficit, ammesso e non concesso che l’Eurpopa ce lo lasci fare. E’ appena il caso di ricordare, infatti, che Bruxelles ci ha già regalato uno 0,4% di flessibilità a fronte della promessa di riforme. Ed è quantomai complicata un’ulteriore concessione. E’ invece molto più difficile, sia tecnicamente che politicamente, sviluppare una spending review che colpisce quelle migliaia di capitoli di bilancio in cui si annidano sprechi, resistenze politiche e spesso corruzione. Anche perché, giova ricordare, spending review non significa tagliare indiscriminatemente le spese, ma tagliare voci di costo in modo virtuoso, per liberare risorse laddove invece è utile spendere per la ripresa. Insomma, è proprio questa la differenza tra i tanto vituperati tagli lineari, che incidono indiscriminatamente sui capitoli di bilancio, e una selettiva e certosina riduzione di spesa. Nel frattempo crescono le attese per l’elaborazione della manovra. l leader degli industriali, Giorgio Squinzi, ha sottolineato ieri che “l’economia italiana sta ripartendo ma ha bisogno di un forte slancio che può provenire solo da politiche e provvedimenti ambiziosi, a cominciare dalla legge di Stabilità sulla quale presenteremo le nostre proposte per sostenere la crescita in un arco temporale di medio-lungo termine”.

LE PREVISIONI
Per il presidente di Confindustria centrare il +2% di Pil l’anno prossimo è possibile ed è anzi il livello di crescita cui deve puntare il Paese per cambiare veramente passo. Ieri il Centro Studi di Confindustria ha rivisto in rialzo, all’1% nel 2015 e all’1,5% nel 2016, le stime di crescita del Pil. Ma ha aggiunto che bisogna essere “prudenti alla luce del potenziale effetto complessivo sull’economia del paese dei bassi livelli dei tassi di interesse, del cambio dell’euro e del prezzo del petrolio e della riaccelerazione del commercio mondiale l’anno venturo”. Si tratta di “spinte una tantum” e la situazione attuale, avverte il Csc, “suggerisce che in questo momento il paese risplende più di luce riflessa che per meriti propri”.