Marchionne si prende la Ferrari

di Sergio Patti

L’ha ammesso lui stesso: è finito un ciclo. Gli anni della presidenza Fiat, del vertice di Confindustria, dei moniti al governo e dei premier – di tutti i colori politici – che lo tiravano per la giacchetta per dargli un ministero. Sempre troppo poco per un Luca Cordero di Montezemolo dall’ambizione smisurata. Al governo ci sarebbe pure andato, e per farlo aveva messo in piedi persino lo scheletro di un partito, quell’Italia Futura che però uno scheletro è rimasto. Il tutto ovviamente a una condizione: fare dal Presidente del Consiglio in su. Per meno di così, meglio non sporcarsi le mani. Un ciclo che certificava la riscossa dopo troppi anni bui, quelli in cui Cesare Romiti – che ne ha sempre parlato malissimo – lo caccio via dal Lingotto, confinandolo alla Cinzano e quanto più possibile distante dall’Avvocato. La vita però si sa, presenta vette e pendii profondissimi. E Montezemolo nel suo pendio ci starà comodissimo. Tra buonuscita e liquidazione strappata ieri alla Ferrari si porterà a casa 27 milioni di euro.

Tradito da Elkann
Ce n’è abbastanza dunque per consolarsi del tradimento di Jonh Elkann (il suo è stato definito una sorta di parricidio) e soprattutto dell’ingratitudine di Marchionne, che proprio Montezemolo aveva avuto per anni come amministratore delegato di quella Fiat in cui Luca era invece il garante della famiglia Agnelli. Soldi che tamponeranno il buco di una sfida fin adesso mancata con il treno ad alta velocità Italo. Qui Montezemolo è uno degli azionisti rilevanti, con una quota vicina al 35%, pagata però solo pochi milioni insieme ai soci Diego Della Valle e Gianni Punzo. I treni però perdono ancora un sacco di denaro e nonostante il business sembra promettente ci sarà presto da ricapitalizzare. Un problema per Montezemolo, ma ancor di più per le banche azioniste – prima tra tutte Banca Intesa – che sono esposte con Ntv (la società dei treni privati) per centinaia di milioni. Con la fase nuova del gruppo Fiat Chrysler e della controllata Ferrari per Montezemolo non c’è più posto all’ombra del gruppo che fu del Lingotto. E ieri, dopo settimane di rumors e una dura trattativa sulla buonuscita è arrivato il licenziamento.

Ironie sui giornalisti
Un’uscita presentata in conferenza stampa al fianco di Marchionne, con toni pacati e sorrisi che nulla hanno a che vedere con l’aria irrespirabile delle ultime ore. “Ci siamo sopportati bene per dieci anni”, è stata la sintesi ironica di Marchionne. Se avessero potuto sfidarsi a duello, i due l’avrebbero fatto già molto tempo fa. Più per arrivare con un managenment nuovo alla quotazione dell’ex Fiat – ora Fca – a Wall Street il 13 ottobre che per i risultati sportivi deludenti (ormai da anni) della Ferrari, l’accelerazione del cambio della guardia era inevitabile. L’addio è però sempre infelice e Montezemolo non ha saputo trattenere il nervosismo quando rivolgendosi ai giornalisti ha detto platealmente che gli mancheranno le loro “cazzate”. Non che abbia detto una cosa sbagliata. Ma in decenni al centro della scena economica di “cazzate” Montezemolo ce ne ha mostrate tante. Adesso si prepara a diventare presidente di Alitalia, concorrente dei suoi treni. Forse le “cazzate” non sono finite.

 

Alla fine Marchionne dice sì alla buonuscita. Pensando alla propria

 

di Carola Olmi

Ieri hanno evitato di dare una cifra precisa. Pudore? In 23 anni alla corte del Lingotto, Montezemolo ha incassato un fiume di denaro. Prendere un’altra barca di soldi pure per togliere il disturbo è naturale che faccia storcere il naso. Fino all’ultimo, però, proprio la buonuscita è stata il terreno di scontro tra la Fiat e il suo ex presidente poi passato alla Ferrari. E su quanto prenderà davvero solo in serata si è appresa la cifra: 27 milioni. Fino a quel momento erano girate le ipotesi più disparate, con stime che volavano dai 500 milioni di cui si era parlato nei giorni scorsi – troppo ottimisticamente per il manager in uscita – ai più prudenti 12 o 15 milioni. Tra liquidazione e stock option l’ultimo assegno si aggirerà invece su una somma doppia rispetto ai minimi. Un mare di soldi che Fca – il nuovo marchio della Fiat ora che è diventata una società con sede legale non in Italia – verserà anche a rate e in un lungo arco di tempo. Milioni che non spaventano un’azienda che proprio sulle buonuscite ha tracciato una strada salita di record in record, a partire dai 101 milioni erogati a Cesare Romiti. Una bella consolazione comunque per Montezemolo, che si somma ai 112 milioni che si è già messo in tasca dal 2002. Ma come si è arrivati ai 27 milioni di euro appena accordatigli? Per le clausole monetarie per la liquidazione previste nella relazione sulla remunerazione della Fiat, a Montezemolo spetta un’indennità per la risoluzione del rapporto che non superi di cinque volte la componente fissa della sua remunerazione”. Pari – alla luce dei 2,74 milioni di euro l’anno per la carica in Ferrari – a circa 14 milioni. A questa cifra si aggiungono un’altra decina come componente standard della liquidazione prevista dalla cifra maturata secondo il contratto nazionale del lavoro. E poi i premi per i 23 anni di carriera e i 14 titoli mondiali vinti col Cavallino.