Mascherine fantasma al Pirellone, aziende nei guai. I dispositivi erano stati pagati sette milioni dalla Regione Lombardia

Durante la prima ondata della pandemia, con la penuria di mascherine e dispositivi sanitari, in Lombardia molti hanno provato a lucrare alle spalle dei malati. Fatti per i quali sono state aperte numerose indagini dalla Procura di Milano, diretta dal procuratore Francesco Greco (nella foto), tra cui quella, giunta a conclusione ieri, nei confronti di due amministratori di altrettante società che ora rischiano il processo perché accusati di frode nelle pubbliche forniture in quanto si fecero pagare oltre 7 milioni di euro da Aria, la centrale acquisti regionale della Lombardia, per la fornitura di 2 milioni di mascherine tra febbraio e marzo scorso.

Peccato che a fronte del pagamento, i dispositivi non sono mai arrivati al Pirellone e proprio per questo la stessa Aria spa si è costituita parte offesa nel procedimento a carico di Alessandra Moglia, amministratrice di Vivendo Pharma Gmbh, e Fabio Rosati, amministratore unico di Fitolux pro srl. I dispositivi, come si legge nel capo di imputazione firmato dal pubblico ministero Luigi Luzi, avrebbero dovuto essere consegnati il 28 febbraio scorso, ma vennero accampate una serie di “giustificazioni pretestuose, quali la festività musulmana del Venerdì”, perché “la merce era asseritamente detenuta in Turchia”.

Viste le legittime richieste del Pirellone, gli indagati avrebbero successivamente alzato il tiro arrivando a parlare di una sorta di boicottaggio e paventando “l’imminente introduzione di una tassa all’esportazione” dei dpi “da parte del Governo turco”.