Matteo Messina Denaro, chi è il boss mafioso arrestato dopo 30 anni di latitanza?

Chi è il boss mafioso Matteo Messina Denaro, l’uomo considerato dagli investigatori uno dei capi assoluti della mafia?

Matteo Messina Denaro, chi è il boss mafioso arrestato dopo 30 anni di latitanza?

Il boss mafioso Matteo Messina Denaro è stato arrestato dopo trent’anni di latitanza: chi è la primula rossa di Cosa nostra e capo del mandamento di Castelvetrano, considerato dagli investigatori una delle personalità più importanti della mafia?

Matteo Messina Denaro, chi è il boss mafioso arrestato dopo 30 anni di latitanza?

Il 16 gennaio 2023 il boss mafioso Matteo Messina Denaro è stato rintracciato e arrestato dai carabinieri mentre si stava sottoponendo a un day hospital alla clinica Maddalena di Palermo. Così l’operazione coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Polo Guido ha messo fine a tre decenni di latitanza durante i quali il boss è riuscito a svanire nel nulla sfruttando coperture di altissimo livello.

Per trent’anni, Messina Denaro è stato uno dei latitanti più temuti non solo in Italia ma nel Mondo intero. Nato a Castelvetrano, in provincia di Trapani, il 26 aprile 1962, svolgeva il lavoro di fattore insieme al padre Francesco. Antonio Marrotta, ex affiliato della banda di Salvatore, è stato il suo padrino di Cresima. Chiara, quindi, l’appartenenza alla malavita.

Già a vent’anni, l’ormai ex latitante divenne pupillo di Totò Riina, dando inizio alla sua scalata in contesto criminale nel 1989. Proprio in quell’anno Messina Denaro – che nell’ambiente era noto come “U siccu”, il secco, o “Diabolik”. venne denunciato per associazione mafiosa per aver preso parte alla faida tra i clan Accardo e Ingoglia di Partanna. Al 1991, invece, risale l’uccisione per sua mano di Nicola Consales, proprietario di un albergo di Triscina che, sfogandosi con una sua impiegata, aveva criticato “quei mafiosetti sempre tra i piedi”. La donna, però, era all’epoca amante di Messina Denaro. Le parole pronunciate da Consales, dunque, segnarono automaticamente la sua fine.

Dalla scalata criminale al sequestro di Giuseppe di Matteo. Dalle stragi alla latitanza

Per decenni, il nome di Matteo Messina Denaro ha figurato nell’elenco del Viminale dedicato ai ricercati di massima pericolosità ai quali le forze dell’ordine italiane danno costantemente la caccia.

Il primo a iscrivere il nome del boss mafioso in un fascicolo d’indagine nel 1989 è stato Paolo Borsellino. Le indagini, invece, furono condotte dal commissario di polizia di Castelvetrano, Rino Germanà, che proprio per questo rischiò la vita.

Nel 1992, Messina Denaro era uno dei membri del commando di mafiosi di Brancaccio e di Trapani spedito a Roma per compiere un attentato ai danni di Maurizio Costanzo e per assassinare Giovanni Falcone e il ministro Claudio Martelli. Sempre nel 1992, a luglio, figura tra gli esecutori dell’omicidio di Vincenzo Milazzo, capo della cosca di Alamo. Appena pochi giorni dopo, ha strangolato la compagna del boss Antonella Bonomo, incinta di tre mesi.

È stato anche uno dei mandati del sequestro di Giuseppe Di Matteo, 12 anni, nel 1992. Il bambino, figlio dell’ex mafioso Santino Di Matteo, venne rapito per intimidire il padre e impedirgli di collaborare con gli inquirenti impegnati a indagare sulla strage di Capaci. Il 12enne, tuttavia, dopo 779 giorni dal rapimento, è stato infine strangolato. Il suo cadavere, poi, è stato sciolto nell’acido.

L’episodio del sequestro è stato raccontato da uno dei sequestratori, il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza. L’uomo ha raccontato che per avvicinare il ragazzino i rapitori si erano vestiti da agenti della Dia e gli avevano detto che lo avrebbero portato dal padre. “Agli occhi del ragazzo siamo apparsi degli angeli, ma in realtà eravamo dei lupi. Lui era felice, diceva: ‘Papà mio, amore mio’”, ha rivelato Spatuzza.

Chi è Matteo Messina Denaro: le condizioni di salute e la passione per dolci e puzzle

L’ultimo avvistamento di Messina Denaro come uomo libero risale al mese di agosto 1993. All’epoca, gli attentati dinamitardi stavano squarciando l’Italia da Nord a Sud. Il boss era appunto mandante delle stragi, insieme a Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, ai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano. Mentre gli atroci atti venivano compiuti, Messina Denaro si trovava in vacanza a Forte dei Marmi: proprio da lì comincia la sua latitanza.

Morto il padre Francesco nel 1998, il boss mafioso diventa capo del mandamento di Castelvetrano e rappresentate della provincia di Trapani in cosa nostra. Di lui non si sa nulla a eccezione dei racconti forniti dai suoi collaboratori. Stando alle testimonianze raccolte negli anni, pare che Messina Denaro ami particolarmente puzzle e dolci. Inoltre, si sarebbe sottoposto a un intervento di chirurgia plastica al volto per non essere riconosciuto. Altri, invece, hanno riferito che si sarebbe fatto rimodellare i polpastrelli per far scomparire le impronte digitali. Un informatore, ancora, ha rivelato che il boss soffre di gravi problemi di salute: sarebbe, infatti, quasi cieco e in dialisi.